giovedì 9 febbraio 2017

Forlì - Art Deco

L'Art Deco, che tra lusso, gioia di vivere e sfrenatezze estetiche ha contraddistinto gli anni '20 del secolo scorso e che rivivrà in tutte le sue suggestioni nella mostra allestita dall'11 febbraio al 18 giugno ai Musei di San Domenico di Forlì dal titolo "Art Deco. Gli anni ruggenti in Italia".
Si segnala che saranno esposte circa 440 opere tra sculture, dipinti, disegni, ceramiche, abiti d'epoca, vetri, arredi, splendide oreficerie.

Nel percorso espositivo si possono ammirare le opere più significative, relative alla produzione di oggetti e di forme decorative del periodo, dagli impianti di illuminazione di Martinuzzi, Venini, Fontana Arte alle ceramiche di Gio Ponti, Giovanni Gariboldi, Guido Andloviz, dalle sculture di Adolfo Wildt, Arturo Martini e Libero Andreotti alle statuine Lenci, dalle oreficerie di Ravasco agli arredi di Buzzi, Ponti, Lancia, Portaluppi alle sete preziose di Ravasi, Ratti e Fortuny, fino agli arazzi in panno di Depero, i capolavori di Galileo Chini, pittore e ceramista, affiancato da maestri quali Zecchin e Andloviz (che guardarono a Klimt e alla Secessione viennese) o quelli faentini Rambelli, Nonni, Melandri, le invenzioni del secondo futurismo di Depero e Mazzotti, i dipinti di Severini, Casorati, Cagnaccio di San Pietro, Oppi, la straordinaria produzione della Richard-Ginori, ideata da Gio Ponti. Infine, l'Ebe di Canova, 40 strepitosi gioielli bizantini di Ravasco.

''Il Deco' in Italia - spiega Valerio Terraroli, curatore della mostra con Claudia Casali e Stefania Cretella - mescola armoniosamente il gusto per la modernità e quello classico ed è soprattutto un'atmosfera, una moda, per questo ebbe una durata tanto breve''. E', infatti, con la devastante crisi economica del 1929 che Art Deco in Italia ed in Europa muore per lasciare posto all'epoca funesta dei totalitarismi, mentre si afferma in America, con i toni accattivanti, lussuosi, emancipati raccontati dalla commedia sofisticata hollywoodiana o dai ritratti di Tamara de Lempicka.

Questa corrente estetica e di pensiero fiorita alle soglie degli anni '20 era una vera e propria evoluzione se vista in correlazione con il Liberty che la precede cronologicamente: l'idea stessa di modernità, la produzione industriale dell'oggetto artistico, il concetto di bellezza nella quotidianità mutano radicalmente con il superamento della linea flessuosa, serpentina e asimmetrica legata a una concezione simbolista dell'universo, per dare vita a un nuovo linguaggio artistico. La spinta vitalistica delle avanguardie storiche e la rivoluzione industriale sostituiscono così al mito della natura lo spirito della macchina, le geometrie degli ingranaggi, le forme prismatiche dei grattaceli, le luci artificiali della città.

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