Si tratta del terzo appuntamento della
rassegna “Corrispondenze assonati”: quattro proposte di
linguaggio sul tema del frammento, dello strappo, della ‘memoria’,
curata da Massimo Bignardi.
L’esposizione rimarrà aperta fino al
28 aprile, secondo il seguente orario: dal martedì al venerdì dalle
17:00 alle 20:00 – altri giorni su appuntamento.
La rassegna “Corrispondenze
assonanti”, curata da Massimo Bignardi, propone le esperienze di
quattro artisti italiani che da tempo, in piena autonomia, lavorano
sul valore di piano e di superfice che a volte diviene anche quella
del frammento. Si tratta di Silvio D’Antonio che propone le sue
Variazioni rilevando in esse corrispondenze con le liriche geometrie
che cifravano le sue opere dei primi anni settanta; di Angela Rapio,
la più giovane che con le sue ‘Scritture strappate’ tratte dal
ciclo carte fossili propone il rapporto tra superficie e frammento,
tra scrittura e immagine. Seguono le città di Giuseppe di Muro: le
sue lastre in ceramica raku parlano di progetti di una terra
archetipa, nascosta nel nostro desiderio di città. Infine le
trasparenti sequenze pittoriche di Mario Lanzione che, con la mostra
dal titolo Carte, trasparenti filtri delle emozioni ci riporta al
piano, alla sua capacità di farsi, attraverso la trasparenza di
carte veline, spazio dell’inesprimibile. «Una rassegna, avverte
Bignardi, che non ha margini di chiusura, comparti stagni dove
ciascun artista conserva il suo ‘monologo’. Anzi spinge verso i
margini di un contatto, di un corto circuito tale da rendere
l’assonanza un vero accordo, cioè la misura di un dialogo».
La mostra Progetti di terra e di città
di Giuseppe Di Muro, segna il terzo appuntamento della rassegna
“Corrispondenze assonanti” curata da Massimo Bignardi. Una
rassegna che ha proposto e propone dei momenti di riflessioni sul
tema del “frammento”, inteso quale misura di esercizi creativi
che restituiscono il senso dell’attraversamento, silenzioso e
lento, nello spazio e nei luoghi della creatività. Frammenti di
geometrie ma anche di materiali, di progetti ‘assonanti’, com’è
stato per Silvio D’Antonio le cui opere hanno aperto la rassegna,
ma anche di scritture lasciate naufragare negli scarti e negli
spessori di carte incollate, di strappi, di cancellature, così come
testimoniato dalle ‘carte’ di Angela Rapio.
«Di Muro, scrive Bignardi, riprende a
distanza di anni, vale a dire dalle ‘città’ proposte in
occasione della personale allestita a Villa Rufolo a Ravello nella
primavera del 2006, a progettare ‘organismi’ vivi che sente come
corpi di una utopica città dell’incontro. La sua proposta, però,
non tende alla costruzione attraverso la composizione di solidi
geometrici regolari, bensì lasciando che sia la superficie della
materia, porosa, densa della ceramica raku, a guidare il nostro
sguardo. La superficie come pelle di un corpo nel continuo rinnovarsi
della sua metamorfosi. Di Muro agisce anche sul valore della
scrittura: infatti i segni, tracciati a mo’ di indecifrabili
scritture, disegnano, una dentro l’altra, le città narrate da
Calvino. Se nelle città/piazze esposte nel 2006 il richiamo alle
celebri Città invisibili era palese sia nell’organizzazione
spaziale di ciascuna, sia nel dettato immaginativo, in quelle
odierne, esposte in questa mostra romana per la prima volta,
segnalano una diversa lettura del testo. Legge di ciascuna il
frammento, cioè una parte, una piccola parte, quasi una visione
sospesa nella memoria».
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