venerdì 26 agosto 2022

Al via After ‘A Chiena Jazz


‘ A Chiena

  Un viaggio tra arte, natura e storia

18 agosto-17 dicembre 2022

Presenta

After ‘A Chiena Jazz

presenta

Leila Duclos & Max Barrella gipsy quartet

Dissonanzen

Campagna, 26 agosto, Piazza Palatucci ore 21,30 – Chiostro del Comune ore 23,30 INGRESSO LIBERO Info.: 333 646 2700



Serata inaugurale per la tre giorni jazz a Campagna, con il 26 agosto il Leila Duclos & Max Barrella gipsy quartet in Piazza Palatucci alle ore 21,30 e Dissonanzen nel Chiostro del comune alle ore 23,30

E’ il momento di ‘After ‘A Chiena Jazz, la sezione dedicata a questo genere nel cartellone di “‘A Chiena”, quel viaggio tra arte, natura e storia – intervento co-finanziato dal POC Campania 2014-2020, rigenerazione urbana, politiche per il Turismo e la Cultura, nell’ambito del programma unitario di percorsi turistici di tipo culturale, naturalistico ed enogastronomico di portata nazionale ed internazionale –firmato da Antonello Mercurio. La serata inaugurale verrà aperta dal Leila Duclos & Max Barrella gipsy Quartet in Piazza Palatucci, alle ore 21,30. Leila Duclos, uno dei nuovi talenti emergenti della scena musicale di Parigi, da anni ormai una delle capitali del jazz europeo, si esibirà con il Max Barrella Gipsy Quartet, che schiera la leader alla voce e chitarra, Max Barrella, chitarra, Rocco Zaccagnino, fisarmonica e Marco de Tilla  contrabbasso, impegnati in uno spettacolo dal titolo “Django Moods”. I musicisti proporranno un viaggio sulle tracce della mano sinistra del diavolo Django Reinhardt e dello swing francese degli anni ’30. Il quartetto è dedito alla musica gipsy europea e in particolar modo al “jazz manouche”, genere musicale che trae la sua origine dalla fusione tra l’antica tradizione musicale zingara del ceppo dei Manouches ed il jazz americano. Il quartetto è dedito alla musica gipsy europea e in particolar modo al “jazz manouche”, genere musicale che trae la sua origine dalla fusione tra l’antica tradizione musicale zingara del ceppo dei Manouches ed il jazz americano. I nomadi Manouches sono i discendenti del ceppo zingaro più antico. Giunti in Europa occidentale tra il XV e il XVI secolo, dopo un viaggio durato circa un millennio, hanno scelto come sede di permanenza la Francia, l’Olanda, la Germania e il Belgio. La loro origine indiana trova conferma nel nome “manus”, appartenente al ceppo linguistico indoeuropeo. E’ entrato nel linguaggio corrente francese come manouches che dall’antico Hindi deriva dal termine “manusa”: essere umano. Un contributo significativo allo sviluppo dello stile musicale Manouche fu apportato negli Anni Trenta dal chitarrista e compositore Django Reinhardt, anch’egli manouche. Nel 1934, Django creò con il violinista Stéphane Grappelli il Quintetto a corde dell’Hot Club de France. Django, fu definito la mano sinistra del diavolo, a causa di un incidente che in qualche modo fu parte del suo successo. Leïla Duclos, presenterà anche  il suo album “Fille du feu”, un primo opus di canzoni originali dove rivela la sua personalità musicale, in particolare nel virtuosismo del suo scat. Questo progetto di grande ecletticità musicale, rivela attraverso i suoi diversi colori, la singolarità artistica della vocalist, una vero funambola del pentagramma che sa sfoderare un timing prodigioso e naturale che, accoppiandosi ad una intensa ricerca musicale, le permette di avventurarsi lungo rapide progressioni armoniche, creando luminose e giocose improvvisazioni in scat,  parafrasi e digressioni a sorpresa e di confrontarsi con ogni genere di song, conservando, pur nel suo fine perlage, l’aplomb e il dinamismo del suo fraseggio, la nitida e aggraziata fluidità della sua enunciazione. Scopriamo il fuoco della sua energia, in un topos primordiale offerto all’ispirazione e all’improvvisazione, ma anche nei temi dei testi, sia sentimentali che poetici, che parlano dell’amore, della rabbia, dell’ideale, dei sogni, di tutte quelle cose che, alla fine, possono sia consumarci che animarci.

Alle ore 23,30 nel Chiostro del Comune si esibirà l’Ensemble Dissonanzen, presentando “Le avventure del principe Achmed”, un lungometraggio d’animazione di Lotte Reiniger che si ispira a una storia tratta da “Le mille e una notte”, una sonorizzazione dal sapore jazzistico ormai diventata un classico del repertorio dell’Associazione. Un omaggio, quello di Dissonanzen, all’avanguardia cinematografica tedesca degli anni Venti del secolo scorso, con la sonorizzazione live di uno dei primi esempi di cinema d’animazione. L’Ensemble Dissonanzen, composto da Carlo Lomanto, voce ed effetti, Tommaso Rossi, flauti Marco Sannini, tromba, loop ritmici e Ciro Longobardi, pianoforte digitale ed effetti elettronici suonerà musiche originali composte espressamente per l’organico del gruppo da Marco Sannini, partiture che lasciano ampi spazi creativi al gruppo. Musiche originali, per uno dei primi film d’animazione della storia del cinema dal sapore orientale che ne esalta tutta la dimensione onirico-descrittiva. Un’animazione insolita caratterizza il film, una tecnica che mette in scena figure e non disegni, recuperando la tradizione del teatro d’ombre cinesi. Pur rientrando nel clima di ricerca e sperimentazione che contraddistinse l’avanguardia degli anni Venti, Lotte Reiniger si richiama da un lato, nei contenuti e nelle forme, all’espressionismo letterario e cinematografico, dall’altro alla spettacolarità propria dei film fantastici e avventurosi. L’uso nel cinema di animazione delle “silhouettes animate” o delle “ombre cinesi”, di cui fu la massima specialista, diede alla Reiniger la fama di artista delicata e sensibile conquistando il pubblico adulto e la critica del tempo, affascinati entrambi dalla sua abilità, dalla sua poetica e fine ironia. Attenta all’eleganza formale e ai risvolti culturali dei prodotti di consumo, il suo non fu soltanto un geniale espediente tecnico-formale per riproporre in termini più “colti” e raffinati temi e soggetti propri della favolistica classica, ma fu soprattutto un modo nuovo di utilizzare il cinema di animazione al di fuori dello sperimentalismo astratto dei film di pittori e della commercializzazione dei disegni animati di serie americani.

After ‘A Chiena Jazz Masterclass

Al via nell’ambito della tre giorni jazz a Campagna, il 27e il 28 agosto, le due master con il chitarrista Francesco Buzzurro e i compositori Catello Gallotti e Antonello Mercurio

il 27 e il 28 agosto: la prima tenuta dal chitarrista Francesco Buzzurro  dal titolo “Improvvisazione e arrangiamento per chitarra solista”, che si terrà nella Sala Gelsomino D’Ambrosio a Palazzo di Città e la seconda affidata ai compositori Catello Gallotti e Antonello Mercurio intorno a “La composizione del canone”, ospite della Confraternita del Monte dei Morti Beata Vergine del Carmelo. Francesco  Buzzurro, che affianca da sempre la  passione per la musica classica con una profonda ricerca nell’ambito del jazz e un po’ di tutti i generi, dal pop, al rock alla tradizione napoletana, è un chitarrista di confine e fuori dagli schemi e tiene seminari unificati di chitarra classica e jazz. “La masterclass – ha rivelato il maestro che è docente presso il Conservatorio “G.Martucci di Salerno”, accenderà i riflettori sulla piccola orchestra che la chitarra può realizzare sfruttando i suoi diversi piani espositivi. Questo potrà avvenire soltanto esplorando il manico dello strumento e potrò, così, dare alcune dritte agli studenti su come creare la rielaborazione originale di un brano in maniera personale, ma molto pratica e spendibili nell’immediato. Un esempio sarà ciò che si ascolterà nel mio concerto nella serata del  27, che potrà sembrare molto particolare poiché la scaletta prevede qualche titolo del mio ultimo album “Solo con Django”, ovvero i pezzi che il chitarrista suonava con il leggendario Quintette du Hot Club de France, ri-arrangiati da me per chitarra sola. L’altra masterclass, un workshop di nove ore, sarà tenuta da Catello Gallotti ed Antonello Mercurio, docenti del conservatorio Giuseppe Martucci, i quali focalizzeranno le loro lezioni, per la brevità dell’incontro, unicamente sul canone retto, a due e a tre voci, illustrando il metodo normativo di costruzione questa forma, codificato in nuce già nel ‘500 da Gioseffo Zarlino, con riferimenti ad Angelo Berardi, il quale nei suoi “Documenti armonici” introduceva la “perfettione della melodia”, a Christopher Simpson e William Bathe . E’ un metodo che offre la visione completa del dux, andando ben oltre il metodo di composizione che oggi si insegna attraverso una specie di ideale zig zag, tra dux e comes, spezzettato, pedissequo, perdendo così d’occhio la melodia. Quindi, attraverso un reticolo, con intervalli già predisposti, si porteranno gli studenti a realizzare un canone a due e a tre voci, con questo non semplicissimo metodo, capace, però di offrire una visione totale della composizione, per poi realizzare un contrappunto corretto, individuabile in quello cosiddetto “alla mente”. “D’altra parte – ha commentato il M° Catello Gallotti – Zarlino scriveva che il vero contrappunto è quello improvvisato, senza svelare tutte le voci che venivano realizzate direttamente seguendo la traccia del dux”. E’ giusto questo il senso dell’inserimento di un workshop sul canone nell’ambito di una rassegna di jazz. L’improvvisazione e la variazione rappresentano, d’altra parte, in musica i percorsi di unità e divergenza di tutti i generi, una “semplice” complessità in cui la manipolazione del materiale sonoro definisce strutture e modelli la cui interazione genera sistemi a livelli crescenti di astrazione. La ragione semantica della musica emerge, nel continuo divenire del “ludus harmonicus”, il gioco dell’invenzione e della mutazione, come una indescrittibile ed immanente intuizione del noumeno. Dalla nascita della musica il binomio variazione-improvvisazione ha attraversato l’intera letteratura musicale e se nell’atto della variazione come scrive Nielsen “Si debba vedere più che una elaborazione del tema un ripensamento di esso, ripensamento che porta a superare il punto di partenza, cioè il dato di fatto iniziale che nella variazione dovrà essere in sé compiuto, in un certo senso autosufficiente, un microcosmo già formato che va interpretato e rinnovato mediante una valorizzazione delle sue risorse e possibilità”, l’estemporaneità dell’esecuzione e l’immediatezza dell’invenzione riconducono questa particolare prassi esecutiva alle caratteristiche proprie dell’improvvisazione, dunque all’elaborazione di nuovi temi che, generati dall’idea di partenza, se ne discostano al punto da non conservare, in apparenza, alcuna affinità.

 

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA



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