venerdì 27 marzo 2020

Joe Davidson

 
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Una mente molto fertile ed in continua costante attività nella ricerca di nuove tematiche espressive. Joe Davidson lavora con una diversità di materiali quali lo scotch tape™ usato come medium per realizzare paesaggi californiani tratti da fotografie dell’ambiente circostante; la ceramica, il gesso e i calchi di gesso per realizzare sculture iperrealistiche di sacchetti di sabbia e di brecciolini da costruzione e fiori e girasoli con cui ha realizzato immense installazioni site specific; e poi la plastica e la schiuma per dar vita alle sue installazioni di città viste dall’alto; e poi i palloncini colorati che rimandano a memorie infantili; forme arrotondate che si prolungano quasi in tentacoli, oggetti sferici che appaiono più come l’astrattizzazione del ventre o del seno materno esautorati da qualsiasi riferimento realistico eppure appaiono involucri per contenere e difendere un qualcosa. Due le caratteristiche principali: da un lato la tecnica dell’assemblaggio per cui sia nella versione “pittorica” dei Landscapes, sia in quella scultorea di tante altre opere, l’accumulazione dell’oggetto, la ripetitività della gestualità, e la sovrapposizione del materiale, rimangono le sue caratteristiche marcanti ed identificative. Dall’altro un costante riferimento a forme biomorfe e organiche che rendono le sue opere, soprattutto le più recenti, terribilmente sensuali. La necessità di “toccare”, di accarezzare, di verificare se quelle forme così morbide alla vista siano altresì anche morbide al tatto; una necessità irrefrenabile fatta di sensi e di senso; ed infine le colorazioni che partendo da un bianco totale e candido, passano attraverso l’oro per terminare in colori pastello ad accentuare la necessità di memoria di infanzia forse sospinta da necessità di purificazione e catarsi.

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA

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