Presentazione
Il lavoro che mi accingo a scrivere nasce dalla conclusione di un progetto che ho realizzato nel corso del 2021 all’interno dell’ICATT di Eboli su invito del PRAP (Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria) di Napoli diretto attualmente dal Provveditore dott. Carmelo Cantone. Mi presento sono Anna Garofalo, pedagogista, che lavora alle dipendenze del Ministero della giustizia dal 1983 come funzionario della professionalità giuridico pedagogica nell’ICATT di Eboli diretto dalla dott. Concetta Felaco. Il carcere si trova all’interno delle mura del castello Colonna dell’XI secolo e ha ospitato inizialmente l’Istituto di osservazione per i minorenni, maschile e femminile, chiuso nel 1990. Nel 1993, con decreto del Ministro di Grazia e Giustizia del 10.05.1991, attuazione legge 162/90-T.U. n.309 del 1990, l’Istituto viene riaperto come Casa di Reclusione. Dalle analisi degli artt.95 e 96 T.U. n.309/90 nasce l’ipotesi di realizzare il progetto di “Custodia Attenuata” ovvero creare un istituto penitenziario di secondo livello deputato a ricevere soggetti tossicodipendenti già detossicati fisicamente che sono intenzionati a svolgere un piano trattamentale psico-socio-riabilitativo. Nel marzo del 1995 la Casa di reclusione di Eboli diventa un ICATT (Istituto a Custodia Attenuata per il Trattamento delle Tossicodipendenze) diretto dalla dott. Lucia Castellano che fa leva su tre elementi fondamentali: 1) la volontaria adesione dell’utenza, che sottoscrive spontaneamente il contratto terapeutico, s’impegna ad intraprendere un percorso detentivo mirato al recupero; 2) l’organizzazione della vita intramuraria improntata al rispetto delle regole, alla puntuale osservanza degli orari e soprattutto a una gestione terapeutica della propria giornata in modo da aiutare i ristretti, attraverso una serie di attività, a ritrovare la dimensione della normalità che i tossicodipendenti hanno perso ;3) le verifiche periodiche e costanti del percorso di recupero attraverso la fruizione di permessi orari con finalità terapeutiche, permessi in famiglia, ammissione all’art.21 O.P. (lavoro all’esterno) per valutare il grado di maturazione raggiunto dall’utenza e offrire al detenuto l’opportunità di conoscere e confrontarsi con realtà diverse.
È questo un Istituto all’avanguardia che accoglie soggetti che hanno avuto problematiche legate all’abuso di sostanze stupefacenti e/o alcoliche che hanno deciso di sottoporsi a un percorso di recupero finalizzato al rientro responsabile nel contesto socio-lavorativo esterno. In questa struttura il detenuto riscopre se stesso, le sue potenzialità e si sente “persona” per cui si mette in gioco e partecipa a un progressivo processo di crescita, responsabilizzazione e maturazione individuale.
Presupposto fondamentale per la piena riuscita del progetto della custodia attenuata è la volontà espressa dal soggetto di seguire durante la detenzione un percorso nuovo e sicuramente più impegnativo per uscire dal tunnel della dipendenza attraverso attività quotidiane e regole sociali da condividere.
Il progetto denominato “Ti racconto il Covid” nasce dalla consapevolezza che una pandemia sta sconvolgendo la nostra vita e sta provocando danni a tutti sia in ambito detentivo che nella società libera. I detenuti sono preoccupati per le loro famiglie per quello che stanno vivendo all’esterno, vorrebbero incontrarli ma non ne hanno la possibilità perché, per l’emergenza sanitaria, la libertà dell’individuo è stata messa a dura prova da regole imposte, da continui dpcm, dalla mancanza di un unico indirizzo e di interventi unidirezionali. Domina la confusione e la paura di non superare questo difficile momento. Ci guardiamo tutti a distanza con mascherine, con guanti e con sospetto.
All’interno di questo progetto si dà vita a un gruppo costituito inizialmente da 6 detenuti che si rafforzerà gradualmente con altre presenze. I partecipanti si danno delle regole che devono rispettare, danno il loro consenso a un ‘eventuale pubblicazione dei loro scritti e vengono invitati dall’operatore a riflettere circa i loro trascorsi (chi ero) legati all’abuso di sostanze, ai reati commessi, ai danni provocati alle famiglie e a terzi per poi giungere a quello che sono diventati (chi sono) e come stanno vivendo il momento difficile nel carcere, nei rapporti con la famiglia, nei rapporti con i compagni di cella, con gli operatori, con le restrizioni che il Covid impone.
Altro punto di riflessione è quali saranno i loro propositi futuri in vista di un’eventuale dimissione dall’Istituto di pena (chi vorrei essere) in considerazione anche del momento storico difficile dominato dal Covid-19.
Raccontare sé stessi, la propria esperienza di vita, le difficoltà incontrate non è semplice soprattutto quando ti rivolgi a persone che non conosci. Ma i nostri detenuti hanno deciso di aprirsi attraverso anche lettere ai congiunti perché hanno capito che l’utilizzo della sostanza qualunque essa sia (stupefacente, alcolica…) rappresenta un pericolo per chi la utilizza e provoca conseguenze penali e anche sanitarie. Quante persone hanno perso la vita per un’overdose o facendo reati sotto l’effetto di sostanza? Quante famiglie sono state distrutte dalla perdita di un caro provocata da un soggetto sotto effetto di sostanza? Il Covid poi ha provocato ulteriori danni a chi già viveva nel disagio e nella dipendenza allontanando ulteriormente le famiglie dai loro affetti (sospensione dei colloqui in presenza, mancanza di contatti con i figli, con le mogli, le madri, i fratelli…) per le restrizioni che sono state necessarie adottare.
Anche oggi le limitazioni continuano a esserci ma grazie alle videochiamate e ai colloqui che stanno gradualmente tornando alla “normalità” i detenuti stanno riacquistando la serenità e la voglia di continuare a lavorare su sé stessi e sul loro riscatto. Certo la pandemia continuerà ad accompagnarci ancora per un po’ ma ci auguriamo tutti che questo periodo di chiusura e di difficoltà ci abbia insegnato ad apprezzare di più le piccole cose del quotidiano. Per fortuna abbiamo un’arma contro questo immenso, insidioso e sconvolgente nemico chiamato Covid, il vaccino, che, anche se ancora in fase sperimentale, sta salvando molte vite e ci sta ridando la nostra dignità. I numeri dei contagi e dei morti sono di gran lunga inferiori all’anno scorso per cui si desume che questo vaccino stia agendo efficacemente, producendo effetti positivi su chi ha deciso di utilizzarlo.
La storia ci insegna che le gravi pandemie sono state debellate grazie ai vaccini scoperti da scienziati che hanno dedicato tempo e fatica allo studio di farmaci idonei a far fronte alle emergenze.
Anna Garofalo
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA
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