mercoledì 29 gennaio 2020

Leticia Burgos e la materia significante


"Sei vele nere e oro, sostenute da sottili giunchi, come alberi di imbarcazioni leggere e veloci, si stagliano su un fondo cartaceo denso e spugnoso, dove una serie confusa di lettere d’oro si compone talvolta a formare parole - viento, movimiento, espacio, amor, sinfonia de passion - che tutte hanno a che fare con l’idea di vitalità totale. Le barche forse solcano le acque calme di un lago sacro per compiere il cerimoniale di iniziazione in uso nelle antiche culture meso e sud americane che avevano il sole al centro della loro visione cosmogonica e metafisica: l’iniziato dovrà tuffarsi al centro dello specchio d’acqua per detergere il suo corpo cosparso in precedenza di polvere d’oro.

L’oro da sempre, e in tutte le culture, ha avuto una forte valenza simbolica. Gli Egiziani lo associavano a Ra il dio del sole, per i Greci procedeva direttamente da Zeus ed era simbolo di vitalità e immortalità. D’oro era il vello conquistato da Giasone alla guida degli Argonauti, d’oro i pomi del Giardino delle Esperidi, d’oro la verga che permise ad Enea il suo viaggio nel regno dei morti. Sono valenze che trasmigrano intatte dall’antichità all’epoca cristiana. Come una città “d’oro puro come limpido vetro” è descritta, infatti, nell’Apocalisse di San Giovanni la Gerusalemme Celeste, intessuti d’oro erano i paramenti dei sacerdoti e cesellati in oro gli arredi per le liturgie.

L’oro in definitiva è luce ed energia, è portatore di fecondità e abbondanza ma pure simbolo di spiritualità e trascendenza, anche ovviamente nelle culture dell’America centrale pre e post colombiana, Tolteca, Mixteca, di Teotihuacan, Azteca o Maya, della regione andina in generale e dell’Impero Inca. Culture che non possono non essere punto di riferimento imprescindibile per Leticia Burgos, nata a Buenos Aires ma vissuta a Mendoza ai piedi della Cordigliera delle Ande.Culture per noi europei poco comprensibili dal momento che l’oro non venne mai considerato, a differenza che in Europa, quale merce di scambio ma solo e soltanto per le sue valenze simboliche.

Da sempre quindi l’umanità è stata affascinata dall’oro , tanto da essere tentata di esperire metodologie in grado di crearlo ex novo. Una nutrita schiera di alchimisti e di aspiranti tali (tra cui annoveriamo personaggi di tutto rilievo da Paracelso a Bacone, da San Tommaso d’Aquino a Raimondo Lullo) era convinta di potere conquistare autonomamente ciò che Mida, mitico re della Frigia,aveva ottenuto per dono. Se Mida poteva trasmutare in oro tutto ciò che toccava, anche loro potevano riuscire a mutare i metalli vili in quelli nobili , ed il più nobile di tutti era appunto l’oro .Tutto ciò attraverso un processo creativo e metamorfico reso possibile dalla mitica pietra filosofale, la quale viene descritta dagli alchimisti come lucida, vetrosa, fragile ma sempre diversa per quel che attiene al suo colore: rossa, rubino scuro, gialla, del colore dello zafferano in polvere o del papavero selvaggio, ed infine - a detta di Raimondo Lullo- nera come il carbone . Poteva ben rassomigliare ad una pietra di ossidiana, lucida,vetrosa,tagliente e nerissima, deflagrata dalle viscere infuocate di un vulcano,come quella che campeggia all’ingresso della mostra.

Una dimensione di totale creatività contraddistingue le opere della Burgos: l’artista crea la forma ma anche la materia di cui è costituita la sua opera. E non è cosa consueta . La materia dunque non è in questo caso semplicemente “quanto serve all’epifania dell’immagine”, a dirla con Cesare Brandi(Teoria del Restauro, Torino Einaudi 1963) è essa stessa opera d’arte, è struttura e aspetto allo stesso tempo, è materia significante. Così il supporto dell’immaginario della Burgos, la carta, si presenta sempre diverso, sempre nuovo, ora sottilissimo come un velo, ora grosso e liscio o spugnoso e al suo interno è inserita una notevole varietà di elementi materici. I procedimenti utilizzati sono quindi complicatissimi, degni della bottega di un alchimista. Processi mutuati da antiche culture, da quella dell’estremo oriente,veicolata in occidente dai conquistatori arabi, a quella egizia dei papiri che data addirittura dalla I dinastia. A quest’ultima rimandano anche le criptiche lettere - moderni geroglifici - che talvolta appaiono in calce alle opere come nel caso delle Vele e di altre opere presenti in mostra.

La tessitura fitta di trame in metamorfosi, segni, fili, parole, lettere e criptogrammi, di girali e campiture dorate - che può far pensare alle composizioni geometrico fiorite dei corpi abiti di Gustav Klimt, dove l’uso dell’oro è collegato alla pulsione di trasfigurare la realtà e fissare l’immagine in una eterna sublime trascendenza congelata nella perfezione e nel fulgore delle lamine del più nobile dei metalli- le complesse simbologie che appaiono nelle sue opere, le insistite geometrizzazioni, le sfere ricorrenti, gli intrecci parossistici di linee ed alcune strane figure di uccelli condor, sono chiari riferimenti ad una cultura ancestrale latino americana, seppure decostruita.

Una simile decostruzione, ovviamente declinata in forme e materiali diversi, caratterizza anche le opere di un’altra artista da pochi anni scomparsa, sarda questa volta, non argentina. “Tenendo per mano il sole” è il titolo della grande retrospettiva su Maria Lai curata da Bartolomeo Pietromarchi e Luigia Lonardelli allestita nel 2019 al Maxxi di Roma: la Lai tesse e ritesse, tira ed intreccia fili di lana su vari supporti, spesso libri o pagine scritte, inserta ricami artigianali o semplici brandelli di stoffa, addirittura talvolta pezzi di telai,elementi della sua cultura ancestrale. Egualmente i segni grafici della Burgos, che si esprime essenzialmente con la tecnica della xilografia, la collegano al filone artistico impostosi in America latina tra il 1960 e il 1980 che, in netta contrapposizione al Pop statunitense, è per una piena riscoperta dell’artigianato, della manualità, delle materie naturali e per un’ampissima diffusione dell’arte a livello popolare che appunto le tecniche grafiche in generale consentono". (Vega de Martini). 

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA

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