lunedì 21 ottobre 2024

Pareto, graffi di uno scienziato. 1923-2023 cento anni senza Vilfredo Pareto


 

L’Archivio di Stato, Istituto preposto allo sviluppo della ricerca storico documentaria, è anche istituto che promuove la cultura in senso lato, in tutte le sue branche.


Il 23 Ottobre organizzerà un evento culturale, in collaborazione con la Società Dante Alighieri- Comitato di Terni, con cui si rapporta frequentemente nell’attività di valorizzazione; una giornata in cui si presenterà un prodotto editoriale, frutto di analisi accademiche: “Pareto, graffi di uno scienziato – 1923-2023: cento anni senza Vilfredo Pareto” a cura di Raffaele Federici e Cristina Montesi. Il titolo nasce dai contributi accademici presentati nell’ottava edizione del Festival della Sociologia di Narni, nel Giugno 2023, dedicato a Vilfredo Pareto, a cento anni dalla sua morte.


Pareto è l’intellettuale eclettico, ingegnere, scienziato che è stato preso in considerazione in primis dalla grande sociologa Caterina Federici in vista dell’intervento da presentare al Festival, purtroppo però venuta a mancare improvvisamente.
La sociologa definisce Pareto il teorico dell’elite colui che pone al centro l’oggettività della “società moderna”, la sociologia studia le relazioni degli uomini e delle donne della nuova società industriale.
Siamo di fronte ad una figura poliedrica, una mente guidata da realismo critico e da vena polemica e graffiante, difensore della libertà e del libero mercato, riscoprendone l’attualità.


In particolare, Pareto nelle sue teorie socio economiche si occupa anche del problema del protezionismo e del caso delle Acciaierie di Terni nei primi anni del Novecento, dandoci quindi l’opportunità di riallacciarci ancora una volta alla storia del territorio. L’importante volume sarà valorizzato nel suo spessore da un interessante dialogo tra docenti dell’Università di Perugia autori e collaboratori che hanno approfondito lo studio e contribuito a realizzare il pregevole prodotto.

 
Evento gratuito fino ad esaurimento posti

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA

ERCOLANO DEI POPOLI

 Il Parco Archeologico di Ercolano e Coopculture presentano

Domenica 27 ottobre 2024 | Ore 11:30
 
ERCOLANO DEI POPOLI
Alla scoperta delle civiltà antiche
Via Villa Dei Papiri Ercolanesi, Ercolano

 


 


Un luogo dove rivivere la vita quotidiana degli antichi Romani per un viaggio incredibile nel passato. Ma anche un territorio dove sin dall’antichità si sono incontrate, influenzate e arricchite reciprocamente culture e genti come conseguenza dei cambiamenti politici, culturali e di gusto. Il Parco Archeologico di Ercolano e CoopCulture presentano ‘ERCOLANO DEI POPOLI’, una visita guidata alla scoperta di una cultura al plurale, in programma domenica 27 ottobre alle 11:30.


Una guida specializzata in archeologia accompagnerà i partecipanti in un percorso lungo il quale saranno evidenziati i legami e le relazioni tra i popoli antichi attraverso l’osservazione di apparati decorativi, architettura e testimonianze archeologiche.


I resti del Parco Archeologico di Ercolano, sepolti dall’eruzione del Vesuvio e per questo mantenuti in un eccezionale stato di conservazione, regaleranno ai visitatori un incredibile viaggio nel passato, un’occasione per riflettere sulle peculiarità e sui meccanismi di interazione culturale. Un’esperienza imperdibile per esplorare le pluralità culturali, storiche e antropologiche nel mondo antico adatta anche ai più piccoli: all’ingresso i bambini riceveranno mappe speciali da conoscere e, poi, colorare.


Il direttore Sirano si dichiara soddisfatto del varo della nuova iniziativa: Ercolano al centro del Mediterraneo, oggi come nell’antichità. Nell’ambito della nuova gestione dei servizi al pubblico il primo di una originale serie di appuntamenti pensati per tutti, che aiuterà a guardare da una prospettiva inedita per il luogo uno dei peculiari aspetti (stranamente poco divulgato) del mondo romano, e in particolare della società e delle comunità del I secolo d.C.: la capacità di includere tutto ciò che non mettesse a repentaglio gli equilibri consolidati e anzi di accogliere elementi culturali, religiosi, di stile di vita della più varia provenienza sia geografica sia temporale. Ed è straordinario potere apprezzare questo fenomeno in una cittadina come Ercolano vivace, con standard di qualità della vita e livelli culturali inopinatamente alti e diffusi in larghi strati della società.  Una visione attuale, moderna, contemporanea, che apre la mente alla riflessione sulle modalità di promuovere coesione e armonia tra popoli. Si tratta di un tipo di scambio che attraverso iniziative come questa e tutte le altre che stiamo mettendo in campo oramai da qualche anno, anche con l’aiuto di associazioni culturali e di promozione del luogo, vorremmo facilitare anche tra la comunità locale e i visitatori. Ci teniamo a proporre letture innovative in una chiave interessante, coinvolgente, che può sollecitare la curiosità di turisti e cittadini, coppie, famiglie e bambini che la animeranno.
 

Modalità di Visita:
Visita gratuita più biglietto di ingresso al Parco a pagamento
Partecipazione fino ad esaurimento posti disponibili
 

Prenotazione consigliata su sito web
www.coopculture.it
ercolano.cultura.gov.it

 
Snapshot sul Parco Archeologico di Ercolano
L'antica Ercolano è celebre per la sorte tragica che la unisce a Pompei, Oplontis e Stabia. Secondo la leggenda fu fondata dal mitico eroe Ercole di ritorno dall’Iberia. Sembra essere stata interessata, in principio, da un insediamento indigeno e poi esposta alle influenze sannitiche, greche, etrusche, fino a diventare parte integrante dell’organizzazione territoriale romana. Sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è stata riscoperta a partire dal 1738, quando i re Borbone cominciarono a condurvi i primi scavi archeologici sistematici dell’intero mondo occidentale. Con il passare dei secoli le attività di ricerca sono diventate sempre più organizzate ed efficaci, recuperando ampie parti di città alla vista di turisti e studiosi. L’area oggi visitabile è stata quasi interamente scavata dal 1927 al 1961 grazie all’opera del visionario archeologo Amedeo Maiuri. Successivamente, dopo la dichiarazione UNESCO, con l’avvio nel 2001 del partenariato pubblico privato con il Packard Humanities Institute si diede inizio ad una nuova fase di ricerche, studi e gestione culminata con la creazione del nuovo Parco Archeologico autonomo che ha ulteriormente messo in evidenza l’aspetto peculiare del sito contribuendo a renderlo ancora più affascinante e accogliente per i visitatori, nonché sempre più integrata con la comunità locale.

 

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA

Documentare gli Scavi: Pompei nelle imprese editoriali del Regno 1740–1850

Una mostra al MANN, aperta al pubblico fino al 31 gennaio 2025,
racconta il processo di documentazione degli scavi



 

Come si svolgevano gli scavi a Pompei nel primo secolo dopo la scoperta? Perché le pitture erano asportate? A quando risale l'idea di lasciare gli affreschi in situ? E quali erano i rischi? La mostra "Documentare gli Scavi: Pompei nelle imprese editoriali del Regno 1740–1850", aperta al pubblico nella Sala del Plastico di Pompei al Museo Archeologico Nazionale di Napoli fino al 31 gennaio 2025, prova a rispondere a queste domande, soffermandosi sul processo di documentazione delle scoperte archeologiche nelle città vesuviane. Questa ampia attività è cristallizzata nelle numerose pubblicazioni ufficiali commissionate da diversi regnanti di Napoli, da Carlo di Borbone a Ferdinando II, passando per Gioacchino e Carolina Murat.

 



"Valorizzare le fonti che raccontano la straordinaria epoca delle grandi scoperte nelle città vesuviane - commenta il Direttore Generale Musei, prof. Massimo Osanna - significa offrire al pubblico un viaggio nella storia dell’archeologia e delle metodologie di scavo e ricerca. Un percorso di grande interesse storico e documentario, pensato per i diversi pubblici del Museo, che potranno così inserire gli straordinari capolavori della collezione in più quadro ampio che ne racconta la scoperta, la musealizzazione, la pubblicazione. La mostra offre così una visuale inedita, rivolta da un lato ai grandi ritrovamenti del passato, dall’altro alla prospettiva presente di un Museo che, oltre a favorire la fruizione del proprio patrimonio, continua a renderlo vivo attraverso lo studio e la ricerca".

 



Le ventisei opere in esposizione provengono dai fondi del MANN: Biblioteca, Archivio Storico, Archivio Disegni e Stampe e raccolta dei rami della Stamperia Reale custodiscono un patrimonio straordinario che permette di approfondire pagine di storie ancora tutte da raccontare. Oltre ai volumi de Le Antichità di Ercolano Esposte (1757–92), con annessi rami e disegni preparatori, il pubblico potrà ammirare la copia di Rami Inediti appartenuta a Carolina Murat, alcune gouaches di Francesco Morelli e rare veline di Giuseppe Marsigli.
La mostra temporanea dialoga con l’istallazione permanente, al centro della sala, del grande plastico di Pompei realizzato tra 1861 e 1879: un messaggio per ribadire come la volontà di documentare e, dunque, raccontare il passato, si sia tradotta in diverse modalità comunicative, sperimentate dalle prime imprese settecentesche fino a metà dell’Ottocento.
 


Il percorso è curato da Domenico Pino (Phd, University College, Londra) con la supervisione di Andrea Milanese.

 

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA

Le finestre della signora Domani

Lunedì 28 ottobre  2024 a Movimento Aperto, 

via Duomo 290/c Napoli, dalle ore 17:20  

si inaugura 

Le finestre della signora Domani

una mostra di Maurizio Esposito con Carlo Bugli Giuseppe Martini, Stefano Taccone e Ferdinando Tricarico, la introduce Eugenio Lucrezi



La mostra resterà aperta fino al 18 novembre, i lunedì ed i martedì ore 17:00 - 19:00, i giovedì ore 10:30 - 12:30. 

Eventualmente su appuntamento, info: 3332229274 / 3200232065                                      
“L’artista durante un suo momento onirico consegna il titolo :Le finestre della signora Domani a quattro scrittori. Nella realtà il  sogno viene raccontato  ad ogni scrittore, che con un affaccio diverso hanno scritto un brano ,l’artista ha realizzato in opere una propria visione multimediale, dagli scritti de  ‘Le finestre della signora Domani…

Il sogno dell’artista  avrà un’appendice performativa  al Vernissage dal titolo:
“CORP( )REA – monologo inattuale”, scritto e diretto da Giuseppe Cerrone  con l’attrice Margherita Romeo Messeri “ dichiara Maurizio Esposito.

Sulle pareti  opere di Maurizio Esposito ed i quattro testi dei quattro scrittori.

“Questa esposizione accompagna il visitatore all’interno di una trama di sguardi che s’incrociano….i quali corrono tra segni semantici e segni che non ambiscono alla dignità di un significato vero e proprio. I primi si slanciano dalle scritture di quattro autori che si chiamano Carlo Bugli, Giuseppe Martini, Stefano Taccone e Ferdinando Tricarico, tutti attivi sui crinali scivolosi e incerti che separano la scrittura d’immaginazione dalla critica delle arti, la filosofia del linguaggio ordinato dalla pratica disordinata e un po’ selvaggia delle avanguardie storiche, post-moderne, postreme e postume.” scrive Eugenio Lucrezi e continua: “Gli sguardi che invece si allungano dai segni che non aspirano alla dignità di un significato provengono dalle opere di Maurizio Esposito, ch’è un artefice abituato a progettare e produrre oggetti e strutture capaci di agire per forza di aggregazione di energie anche disomogenee. Il suo è un fare che si fida dell’eventualità probabilistica, del tutto allineato alle acquisizioni della fisica quantistica e ai risultati dello strabiliante Alfred Jarry, che nel suo famigerato “ Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico” fu capace di anticiparne gli ottenimenti già sul declinare del XIX secolo. Si tratta di opere poste in cornice quasi per ridere, dal momento che non ce la fanno proprio a starsene, buone  buone, al loro posto.”

“Si tratta pur sempre di opere incorniciate e appese alla parete di uno spazio espositivo, destinate, si potrebbe dire, ad essere innanzitutto guardate. Questo è innegabile. Può darsi che lo stesso artefice, nel concepirle e nel realizzarle, abbia pensato di realizzare delle opere visive come tante altre. Ma alla fine, e per fortuna, dev’essersi reso conto di avere a che fare con delle opere-naso, e si è comportato di conseguenza. Confidando tuttavia in un pubblico pagante dotato, oltre che di nasi, di occhi, ha pensato bene di reclutare i quattro coautori scriventi di cui si è dato conto più sopra.


E’ questa, alla fine, una mostra multimediale? Senz’altro. Ma è prima un organismo eventuale, predisposto all’addizione degli sguardi, e più ancora dei fiati che si mescolano e dei nasi che a vicenda si annusano, sniffandosi con la voluttà erotica che l’arte riconosce alla vivente vita, e viceversa.” Così chiude Eugenio Lucrezi il suo acrobatico testo che sapientemente guida il lettore attraverso LE FINESTRE DELLA SIGNORA DOMANI.

 



 Le finestre della signora Domani


 Sono giorni che attendo che quelle inferriate si spalanchino. Dicono che una volta che ciò avverrà troverò pace io e troverà pace tutto il mondo. Lo spazio e il tempo avrà un valore relativo. Vivremo una condizione quasi paradisiaca. La signora Domani possiede l’antidoto ai mali che ci affliggono da ere immemorabili. Solo che, dicono, aprirà, per l’appunto, domani. Nomen omen. Il problema è che, lo si sa, il domani è inafferrabile, perché quando arriva già non è più tale. E allora è un rincorrersi illusorio, quasi beffardo. Qualora io corressi ad una certa velocità per ghermire una preda e quella preda corresse costantemente alla medesima velocità, potrei anche essere separato da essa da soli dieci centimetri, ma non ridurrei mai quel gap, resterebbe tale in eterno.
    Fossero almeno inferriate con ampi spazi vuoti. Potrei intuire qualcosa, o almeno provarci, attraverso le finestre. Magari aiutandomi con un binocolo, tipo La finestra sul cortile. Però tutto ciò non sarebbe socialmente ben visto da chi scorgerebbe me che guardo. E la stessa signora Domani potrebbe risentirsi e non aprire più. Allora io avrei combinato un guaio di dimensioni cosmiche. Dicono che tutta la creazione geme nelle ansie dell’attesa di questo colpo di mondo. D’altra parte, qui pare che l’unico che si preoccupi davvero di ciò sono io. Sono tutti fin troppo pazienti. Tutti fin troppo pronti a puntare il dito verso le mie insofferenze. Sarà che io sono un uomo di poca fede e loro ne hanno assai più di Pietro che camminava sulle acque, tanto da non affondare, ma incedere placidi come su pascoli erbosi?
    E se la signora Domani mi leggesse nel pensiero e la stessi infastidendo non poco? Se sentisse la mia ossessione mentale sul collo e dunque il guaio cosmico sarebbe già mezzo compiuto? Se questo fosse vero, presto i miei prossimi si organizzerebbero per vendicarsi. Non lascerebbero impunita questa mia leggerezza. La giudicherebbero un grave atto di empietà. E riterrebbero imprescindibile il sangue, onde rimarginare questo cocente vulnus. Potrebbero persino essere già in procinto di farlo.
    E se invece le cose stessero in maniera completamente opposta? Se, cioè, il domani della signora non arrivasse proprio perché sente attorno a lei troppo rispetto e pazienza e teme che tutto ciò celi piuttosto una sorta di indifferenza? Chi ci assicura, insomma, che la signora Domani non si sia risentita per il nostro atteggiamento di sufficienza, che abbia subodorato la nostra noncuranza, se non proprio il nostro scetticismo? Se avesse avvertito che non crediamo fino in fondo alla sua promessa? Se avesse pensato che, nel profondo, per noi non è che una mezza pazza esaltata? Allora che colpa ne avrei io, che credo di crederci più di tutti? Forse per questo, paradossalmente, vorrebbero eleggermi a capro espiatorio? Servo a lavare le loro coscienze di miscredenti?
    Cerchiamo di ragionare freddamente. La signora vive sola e non è più propriamente nel fiore degli anni. È da tempo immemorabile che non esce di casa e neanche apre le finestre. Tanto per cominciare l’appartamento sarà pieno di muffa e lei bianca come un cencio, dal momento che, così barricata, non può lambirla neanche un frammento di rifrazione solare. Inoltre, quante provviste di cibarie ed altri oggetti per soddisfare i bisogni primari può possedere prima di essere costretta a scendere per un po’ di spesa? Del resto, lei non scende, ma neanche se la fa portare a domicilio. Come ci si comporterebbe in tal caso, in situazioni normali? Come agirebbe un vicino di casa con la testa sul collo? Andrebbe a bussare alla porta o almeno al citofono, per sincerarsi della sua salute. Ma con questa strana narrazione per cui se non si attenderanno i suoi tempi tutto si dissolverà, un po’ come la vicenda di Orfeo cui è proibito voltarsi indietro per contemplare il volto di Euridice prima che entrambi siano pienamente fuori dal dominio dell’Ade, sembra impossibile optare diversamente. Se ci provassi, tutto il vicinato mi salterebbe addosso per impedirmelo. O no?
    Di notte è sconsigliabile. Potrebbe non dare segni di vita semplicemente perché addormentata. E a quella età non si dorme molto, ma neanche si sente troppo bene. Vado ora: in pieno giorno, in piena luce. Aspettare ancora non avrebbe senso. Vivrei l’attesa solo con inquietudine, tanto non c’è un momento più propizio se la notte è indisponibile. La sera? Ma potrebbe temere che sia un malintenzionato e non aprire. Così rimarrei nel mio loop infernale. Sto andando. Nessuno – apparentemente - mi vede e nessuno mi ostacola. Avrò scelto, con un po’ di fortuna, il momento propizio. Il portone è aperto. Arrivo al terzo piano. Non posso sbagliare: c’è la targhetta sulla porta! Premo il tasto del campanello. Un gran rumore, ma per il resto non si ode foglia muoversi. Aspetto trenta secondi, e poi premo di nuovo. Stesso esito per i venti secondi successivi, dopo di che premo per la terza volta. Aspetto pochissimi secondi e premo per la quarta volta, ma questa volta non è un tocco fugace: tengo premuto ininterrottamente, al fine di abbattere ogni durezza d’orecchi possibile. Ma niente.
    Cosa si pensa immediatamente quando ci sono tutti i presupposti di cui sopra? Si chiamano i parenti per chiedere se per caso non è a casa loro? Ma la signora Domani ha parenti? Non ne conosco l’esistenza; figuriamoci i numeri di telefono o i contatti social. Amiche, amici o amichə? Peggio che se fossi andato a bussarle di notte. Si lascia perdere? Sarebbe una non soluzione. Si chiama il fabbro per aprire la porta e vedere se c’è ancora? Ma potrebbe essere un atto eclatante quanto disastroso. Potrei persino essere incriminato per violazione di domicilio. Si chiama la polizia, i carabinieri ed altri omuncoli in divisa? L’idea mi ripugna alquanto, e per tanti motivi.
    Ma poi se chiamo il fabbro ci viene? Ci viene se lo pago bene? Ricordo di avere un amico folle e geniale che sa fare tutto: riparare il motore di una automobile e scrivere una poesia alla Georges Perec, sturare una tazza del water ed edificare un appartamento che sembra piccolissimo ma in realtà è enorme, perché le stanze che si susseguono l’una dopo l’altra sono ben nascoste. Chiamo lui e gli chiedo anche un consiglio. Anche lui potrebbe dirmi che sono folle e farmi persino una ramanzina. Invece non solo mi dice che viene – del resto la follia ci amica da tempo -, ma anche che bisogna varcare quella porta. Ci vuole un po’ di umanità! D’altra parte lui pure è scettico sugli sbirri. Va a finire che, come nel Pinocchio di Collodi, per andare a denunciare un problema ti ritrovi tu col problema di essere sbattuto dentro.
    Arriva coi suoi attrezzi del mestiere, ma scopre subito che è più semplice di quanto potessimo immaginare. La porta è stata solo tirata, senza chiuderla a chiave, per cui basta infilare una radiografia nella serratura ed inclinarla per farla entrare nell’ultimo cilindretto. «L’ultimo cilindretto è tagliato a 45 gradi; ecco perché la fotografia è stata in grado di spostarlo e la porta di aprirsi», mi spiega. Ma io lo ascolto a stento, giacché ora mi assale una paura terribile. Comincio a tremare come i rami spogli di un albero al vento d’autunno, mentre continua a sorprendermi la desertificazione che vive il mio circondario da quando ho preso la decisione di recarmi per la prima volta presso la porta della signora Domani. Pare che siano caduti tutti in un sonno profondissimo. Tanto più strano perché il sole splende, cuoce e invita ad aprire le finestre e a prendere aria.
    Già, l’aria. Appena si è aperta la porta abbiamo cominciato ad avvertire un non meglio identificato fetore. Gli faccio segno non di abbassare la voce, ma proprio di zittirsi. Immaginiamo di avere l’ovatta sotto i piedi e ci addentiamo nella oscura dimora che dovrebbe – avrebbe dovuto – partorire il domani, mentre l’odore nauseante cresce minacciosamente e quasi ci conduce nel luogo che custodisce la chiave che apre ben più di una porta. Distesa sul suo letto c’è lei, la signora Domani. I suoi capelli sono bianchi e riccioluti come le nuvole di un cielo che si prepara a piovere a catinelle. Ma ormai né pioggia, né neve, né terremoti, né eruzioni possono più nulla contro di lei. Il suo corpo è già in fase di decomposizione, la pancia è gonfia. Il domani della signora ormai è già sorto altrove. Il suo destino non ha più nulla a che vedere con le sue finestre. Lo spazio e il tempo, almeno per lei, non hanno più alcun valore. Chissà se, almeno lei, ora vive una condizione paradisiaca.

Stefano Taccone


 

Le finestre della signora Domani

 
Ed io mi domando: "Su quante finestre ha il dominio la signora Domani? Certo, come i possibili, questi varchi rampollano una dall’altro verso mete inusitate.
 
 In una delle finestre, come Molly Bloom, in amplesso con Poldy, la signora  deve proiettare zone d’ombra e feromoniche attese….e certo questa non verrà meno ai possibili: ovvero, la sculettante Signora delle finestre, come la cretese Signora delle Belve o del labirinto, a seno scoperto, affacciata ai molti varchi del Palazzo, in attesa del despota paredro.
 
 Ma sono possibili, se si parla di Domani, cioè se si è intrigati nel tempo, anche scherzose retrogressioni…ecco Lucy, che ostenta le sue scheletriche anche di bipede incerto, alle molte finestre, che archeologi folli aprono nei fianchi larghi della grande Signora.  
 
In fine, ti faccio una confidenza, ti dico un segreto: domani, ho un appuntamento con la signora Domani, mi attende ad una delle sue finestre… domani, forse."
 

Carlo Bugli

 

 

Le Finestre della Signora Domani


Le finestre della signora Domani sono sempre aperte per il non vivente, sbattono al vento del farò, sarà, accadrà; abbagliano di luce potenziale, d’apparenze vertiginose, d’impieghi nullafacenti. Le finestre della signora Domani invecchiano nel lento scorrere dei giorni tutti uguali, nel desiderio spento, nel piacere imbottigliato. I vetri non s’incrinano, l’alito non le opacizza, l’aria frizzante illude, la bruma bassa deprime, il freddo e il caldo concludono stagioni mai cominciate. Le finestre della signora Domani sono state l’infisso fisso della signorina Speranza, la chiusura della paura, il passato non passato. Dalle finestre della signora Domani si gode lo spettacolo del niente, se ne sentono tante tranne il suono del presente.


Ferdinando Tricarico

 


Questa esposizione accompagna il visitatore all’interno di una trama di sguardi che s’incrociano; ma l’esperienza percettiva dell’ospite non si esaurisce con l’eccitazione dei coni e dei bastoncelli retinici. Come vedremo tra poche righe, ad essere coinvolti saranno anche dei glomeruli (che non sono renali), delle mitre (che non sono vescovili), dei bulbi (che non sono di garofano) (per non fare il misterioso: l’apparato olfattivo. Che nel sapiens sapiens è poi un marchingegno abbastanza rozzo, un meccano quasi ridicolo, al cospetto degli stupefacenti nasi di un gran numero di altre specie viventi).
Ma torniamo agli sguardi che s’incrociano, i quali corrono tra segni semantici e segni che non ambiscono alla dignità di un significato vero e proprio. I primi si slanciano dalle scritture di quattro autori che si chiamano Carlo Bugli, Giuseppe Martini, Stefano Taccone e Ferdinando Tricarico; tutti attivi sui crinali scivolosi e incerti che separano la scrittura d’immaginazione dalla critica delle arti, la filosofia del linguaggio ordinato dalla pratica disordinata e un po’ selvaggia delle avanguardie storiche, post-moderne, postreme e postume. Facendo il verso a Totò il Grande, direi che la somma di questi scritti risulta nel totale coacervo del miscuglio: un cocktail non shakerato di epigrammistica, racconti “pulp”, sogni surrealisti e treni che deragliano con voluttà e senza ritegno. Un intruglio, un’accozzaglia di scritture irridenti e meccaniche come di automa, insomma; automatiche e semiautomatiche come pistole variamente capaci di fare fetecchia e di esplodere colpi mortali.  
Gli sguardi che invece si allungano dai segni che non aspirano alla dignità di un significato provengono dalle opere di Maurizio Esposito, ch’è un artefice abituato a progettare e produrre oggetti e strutture capaci di agire per forza di aggregazione di energie anche disomogenee. Il suo è un fare che si fida dell’eventualità probabilistica, del tutto allineato alle acquisizioni della fisica quantistica e ai risultati dello strabiliante Alfred Jarry, che nel suo famigerato “Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico” fu capace di anticiparne gli ottenimenti già sul declinare del XIX secolo. Si tratta di opere poste in cornice quasi per ridere, dal momento che non ce la fanno proprio a starsene, buone buone, al loro posto.
Questa esposizione, in tutta evidenza, addirittura non esisterebbe se le sue opere non si sporgessero nello spazio, protendendosi in avanti dalle cornici che a fatica le tengono come nasi che fiutano l’aria che nella sala espositiva si riposa, e ogni tanto l’odore degli spettatori, ciascuno dei quali dotato a sua volta di naso, che l’esposizione si trovano a visitare. Nessuno di tali visitatori, passando in rassegna le opere e i loro nasi, si astiene dal respirare: si tratta di persone, senza eccezione, viventi, alcune più attente e determinate a “interagire” con i quadri, altre, magari, più distratte e svogliate.  C’è da presumere che la maggioranza di loro neanche si accorga di avere a che fare con opere dotate di naso, che la nasità sia addirittura la loro principale caratteristica, la prima delle attitudini relazionali che l’artefice e inventore ha avuto la bontà di concedere loro; l’attributo della nasità – a ben vedere, o sniffare – è, anzi, niente di meno della loro unica possibilità di esistere nel mondo al di fuori dell’ottusa autosufficienza della monade, che per suo conto né si estroflette né s’introflette, bastando a sé stessa perfettamente.
Si tratta pur sempre di opere incorniciate e appese alla parete di uno spazio espositivo, destinate, si potrebbe dire, ad essere innanzitutto guardate. Questo è innegabile. Può darsi che lo stesso artefice, nel concepirle e nel realizzarle, abbia pensato di realizzare delle opere visive come tante altre. Ma alla fine, e per fortuna, dev’essersi reso conto di avere a che fare con delle opere-naso, e si è comportato di conseguenza. Confidando tuttavia in un pubblico pagante dotato, oltre che di nasi, di occhi, ha pensato bene di reclutare i quattro coautori scriventi di cui si è dato conto più sopra.
È questa, alla fine, una mostra multimediale? Senz’altro. Ma è prima un organismo eventuale, predisposto all’addizione degli sguardi, e più ancora dei fiati che si mescolano e dei nasi che a vicenda si annusano, sniffandosi con la voluttà erotica che l’arte riconosce alla vivente vita, e viceversa.

Eugenio Lucrezi 

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA

1ª Serata poetica Atelier Alifuoco studi d’artista a cura di Stefano Taccone

Via Domenico Cirillo, 18 - Napoli
venerdì 25 ottobre ore 18:00

 




Mariarosaria Figliolia
Giansalvo Pio Fortunato
Dino Izzo
Ketti Martino
Clelia Moscariello
Rossella Tempesta
Ferdinando Tricarico
Giuseppe Vetromile



Atelier Alifuoco è un vecchio appartamento napoletano convertito in studi d’artista nel 2016 per volontà di Alessandro Cirillo (proprietario dell’immobile) e Francesco Maria Sabatini (primo artista in residenza). Alifuoco, pur evocando l’ardente fenice che rinasce dalle proprie ceneri, è in realtà il cognome dalle sorelle Dora e Fausta Alifuoco, vissute nell’appartamento, il quale conserva ancora residui di vita passata tra affetti, attenzioni domestiche e lavori di sartoria. 

Una casa che come le altre del palazzo era impegnata nell’attività di manifattura tessile, in sincronia con i guantai e le pelletterie di Via Cirillo, strada che ancora conserva tracce di questa storia corporativa. L’appartamento è composto da stanze occupate da studi d’artista, con annessi ambienti comuni. 

Gli artisti in residenza sono attualmente Lucia Schettino, Maria Teresa Palladino e Francesco Maria Sabatini. 

Negli ultimi anni le attività private degli artisti si sono fuse sempre più nella coazione a produrre relazioni con altri artisti e operatori culturali, spesso sotto la formula dell’open studio, insieme ad artisti ospiti. 

L’invito ai poeti affinché si lascino liberamente ispirare dalle varie connotazioni storiche del luogo, nonché dal loro attuale uso, appare assolutamente conforme alla vocazione dell’Atelier.

 

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA

STORIA E STORIE appuntamento di martedì 22

Programma radiofonico di Antonella Giordano

 


 

Se per dottore e dottoressa, come per professore e professoressa e molti altri lemmi ancora l’evoluzione del tempo ha sanato il gender allocativo per tante professioni ancora oggi il possesso di un titolo accademico da parte di una donna deve fare i conti con espressioni con marcati risvolti discriminatori/offensivi nei confronti delle donne stesse. E’ una questione che affonda le sue radici in una cultura diffusa e radicata che purtroppo talvolta divide le stesse donne. Basti pensare all’appellativo/allocutivo “signora/signorina” sul quale si sono incartate generazioni di entrambi i sessi fino a pochi anni fa sia negli atti ufficiali che nella colloquialità. Questione oggi desueta nei documenti ma ancora presente in molti contesti professionali dove una donna laureata, specializzata, masterizzata è sovente definita “signora” mentre i colleghi sono qualificati dottori, professori, ingegneri, ecc. Questa è una costumanza che ho sempre rispedito (fieramente fronteggiando tutte le conseguenze) al mittente puntualmente rendendo “pan per focaccia”. Prima di introdurre la storia di oggi dedicata alla prima donna che conseguì la laurea in ingegneria dopo una lunga e complessa seduta di laurea in cui il problema era come definire “la signorina”. 

La storia che racconto nel programma è quella di Emma Strada, la prima ingegnera d’Italia.



La puntata andrà in onda in diretta martedì p.v. alle 12:15 e in replica giovedì p.v. alle ore 17.30 su

 RadioRegional (AM – Onde Medie sulla frequenza 1440 kHz)

 o al link:

 https://www.radio-italiane.it/regional-radio
 

In podcast al link:

 https://www.regionalradio.eu/onair/podcast/storiaestorie/     

(i link non hanno accesso diretto ma sono da copiare e incollare sul web)


Vi aspetto Antonella Giordano

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sabato 19 ottobre 2024

FESTA DELLA MADONNA PELLEGRINA


 

“Il sistema patologico e la società liberata, i segreti della conoscenza e la gioia della scoperta” di Gianfranco Cunsolo


Martedì 22 ottobre al circolo anziani di piazza  Brin in via Filippo Corridoni 7, Spezia, alle 17:30 ci sarà la presentazione del libro di Gianfranco Cunsolo da parte di Sergio Olivieri: “Il sistema patologico e la società liberata, i segreti della conoscenza e la gioia della scoperta”. L’evento comprende la lettura di alcuni brani del libro da parte di Massimo Marasco e Giuliana Burzi con intermezzi chitarristici di Gian Luigi Ago e Patrizio Cozzani, che interpreteranno loro composizioni originali.


Gianfranco Cunsolo è autore di libri di narrativa e scientifici, di articoli e saggi, conduttore di trasmissioni radiofoniche ed è impegnato nel sociale, è professore e ingegnere.

 




 
“La trama di una vita non può essere commentata, non può essere valutata, se ne può essere solo testimoni“. Comincia così una recensione del libro, che così prosegue:  “e io non posso che ringraziarti per aver permesso a tutti di essere testimoni della tua trama. Libro appassionato e appassionante, scorrevole e intenso. A volte capita, leggendolo, di sentire i rumori e di percepire i profumi, per quanto le atmosfere sono ben descritte. Prosa eccellente, riflessioni mai gratuite e messe sempre al momento giusto. Direi proprio che è un libro che non dimenticherò, uno di quelli da tenere in bella mostra tra i libri più amati. Grazie di cuore per la tua preziosa e fine testimonianza.”  

Una frase che può sintetizzare il libro è: “La visione di un mondo nuovo e possibile è il presupposto necessario per il progresso della storia”.


Mille grazie
un saluto cordiale
Paolo Luporini

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