Annamaria Barra comincia la sua produzione con un'opera storicamente accertata, una di quelle che non si possono dimenticare e che si raccontano di generazione in generazione, suscitando sdegno per la modalità crudele e contro natura dei personaggi che ne hanno determinato l'epilogo.
È la Storia a darci la possibilità di misurarci col passato, a farci sentire a quale punto siamo arrivati della nostra evoluzione e farci toccare con mano la nostra uscita dalla barbarie dei costumi, dalla prepotenza di un potere illusorio, che crede di essere padrone degli eventi e delle persone che lo circondano e di poter gestire il proprio dominio a costo della vita altrui.
Purtroppo quella era una forma mentis machiavellica, che purtroppo persiste nel nostro presente, e ognuno ha la sua buona ragione per eseguire illegalmente il proprio volere anche nelle più piccole cose. Anzi sono queste, a volte spontanee ed invisibili a guidare il nostro operato quando ci sembra una buona ragione per agire contro qualcuno o qualcosa, erigendoci a giudici, misconoscendo il dovere di rispettare le scelte altrui, invece di fare appello alle ragioni del sentimento, ignorando quelle illusorie di una società ipocrita e senza cuore.
Ora, in quest'ora della Storia si erige un tribunale particolare, quello qualificato dei lettori di questo racconto che nel tempo in cui accaddero i fatti non avrebbe avuto voce.
Vengono sempre a galla le ingiustizie perpetrate ai danni degli inermi e la cultura a questo deve servire, a ristabilire la Giustizia, a guardare dentro il tempo e ricusare gli errori e i delitti dei nostri Antenati, se vogliamo consegnare ai nostri eredi un mondo migliore e cancellare dal nostro DNA il gene della sopraffazione in nome di un'illogica interpretazione dei ruoli e la stupidità del loro potere.
Potere distorto da convenzioni balorde di uno snaturamento delle leggi naturali ed un'affermazione del diritto improprio, basato sull'onore che ha smarrito il suo senso primigenio: quello della custodia e della preservazione della vita.
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