lunedì 28 aprile 2025

GRAZIE, FRANCESCO!

Guida spirituale e testimone di umanità, pace e amore


Alle ore 9:47 di questa mattina, il Cardinale Kevin Joseph Farrell, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, ha annunciato con dolore la morte di Papa Francesco, con queste parole: “Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l'anima di Papa Francesco all'infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino.
(Dichiarazione del Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, 21.04.2025)

Mentre l’annuncio della morte del Santo Padre viaggiava tempestivamente attraverso le agenzie e attraverso i social, ad horas veniva squarciato il palinsesto dell’informazione diramata nei canali mediatici ufficiali, anche oggi, festa del lunedì in Albis, dominato dall’inquietudine per gli scenari di guerra ormai impermeabili a qualunque richiamo alla pace e proclivi alle scellerate politiche di riarmo, dalle cronache di sangue, dalle scelte di ottusa creatività governativa dei signori che si contendono i palcoscenici, più o meno vasti, della politica mondiale servilmente plauditi da vassalli e pretoriani, più o meno telegenici, più o meno invisibili.

Con la morte di Papa Francesco si chiude un pontificato intervenuto in un’epoca segnata da sconvolgimenti planetari di fronte ai quali un apostolato di fede è sicuramente non facile. La retorica del momento sciama e, al pari di ogni evento che si impone improvvisamente nella sua circonstanzialità, si imbeve di quella oracolarità topica che apre varchi al giudizio e ai giustizieri, tra commozione e pronostici, tra inquietudini e possibilismi, tra memorie storiche, aneddotiche e leggende.

Nel raffazzonamento generale con cui si avvicendano le notizie, a tratti stemperandosi nella pietas e a tratti agglomerandosi nella pretesa dogmatica di ergersi ad interpreti qualificati del magistero pontificio, la sola cosa che, penso, possa mettere in accordo i più sta nel riconoscere che sarà arduo proseguire lungo la linea tracciata dal pontificato di Francesco con la sua personalità di uomo dell’ascolto e la sua abilità di comunicatore avvalendosi di uno stile di linguaggio semplice, accessibile, inclusivo volto sempre al richiamo verso il rispetto dei diritti umani.

Un linguaggio che sempre meno appartiene a chi dovrebbe svolgere il ruolo di amministrare delegato per il bene collettivo. Lo stile, d’altra parte, è un concetto di difficile definizione. Le sole affermazioni condivisibili sono che stile e linguaggio qualificano l’uomo, la sua personalità e il contesto in cui egli ama imprimere la sua personalità lasciando un segno di sé nel tempo. E non aggiungo altro sull’argomento.

Francesco cattivo teologo secondo alcuni, troppo schierato secondo altri radicati nelle ideologie imbalsamate in bandiere e divise.
Uomo di pace, ritengo e ritengo che nessuno possa affermare il contrario. Di Francesco mi resteranno molti messaggi come viatico nel mio cammino esistenziale (ex multis: https://www.internationalwebpost.org/in-che-cosa-riporre-la-propria-speranza/).

Condivido quelli che sento particolarmente vivi in questo istante. I suoi riferimenti alla autenticità della fede: nel suo contenuto autentico la religione accoglie i limiti dell’uomo, svapora tutti i parametri in cui gli essi sono soliti inquadrare le cose e tutte le tesi superbamente e talvolta ottusamente costruite, inietta nelle ottusità il dubbio e la consapevolezza che occorre di risalire dagli
abissi umani verso un bene superiore che non bisogna mai smettere di cercare.

Sempre incisive sono state le sue parole per affermare la centralità della relazione umana dal punto di vista della circolarità relazionale e dell’interdipendenza, i pilastri sui quali dovrebbe fondarsi il vivere civile: la centralità della persona umana deve essere il senso del futuro nel pianeta, la ragione duttile che sappia essere fedele ai valori della convivenza tra esseri umani impegnandosi per
abbattere i pilastri su cui si radica quella presunta civiltà che avvilisce la realtà mancandole di rispetto perché non ha interesse per l’umanità.

Nella attuale civiltà occidentale domina l’immanenza della relazione bisogno-soddisfacimento del bisogno e la generale perdita del senso della trascendenza, ha rimarcato più volte con veemenza.

Francesco ha affermato sempre che la spiritualità prescinde dall’essere credenti o atei. La negazione dell’esigenza vitale di spiritualità espone all’infarto evolutivo, all’appiattimento su un modello di monocultura quale quello corrente.

In più di un’occasione scrissi della “Economy of Francesco” (ex multis: https://www.internationalwebpost.org/leconomia-di-papa-francesco-uneco-nomia-possibile/) facendo mio il suo pensiero incentrato sul basilare principio che vuole che, fino a quando il sistema economico continuerà a produrre disuguaglianza sociale e la natura sarà sfruttata in ogni angolo del pianeta, non ci sarà un futuro per l’umanità.

La crisi della giustizia globale è la crisi dei valori umani. I valori umani sono il fondamento dei valori della comunità degli Stati: valori che sono definiti tanto bene nelle varie dichiarazioni – dai trattati internazionali sui diritti umani inviolabili alla carta dei diritti fondamentali dell’unione europea, alle Costituzioni degli Stati democratici – ma che di fronte all’orrore che invade le cronache non valgono nulla.

Ricordo la parabola del buon Samaritano (LC10), non a caso scelta da Francesco nella sua enciclica “Fratelli tutti”. Dinnanzi al bisogno del fratello resta indifferente il sacerdote e il levita mentre il Samaritano si prende cura di soccorrerlo, amandolo. Da giusto, da uomo giusto perché non c’è giustizia umana se non c’è equità di trattamento. E l’equità di trattamento aberra per sua essenza le logiche del prima questo o prima quello, prima chi mi è vicino, mi piace, mi è utile. Il messaggio cristiano (coincide con quello di una giusta economia) prossimo sono tutti, vicini e quelli che sono lontani.

Potrei, vorrei proseguire, ma questo mio editoriale, come ben sanno gli analisti del marketing comunicativo, finirebbe con non l’essere letto per intero. Concludo con il più bello tra i molti richiami alla pace di Francesco “Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità” (lettera inviata al Corriere della Sera, datata 14 marzo  2025).

Grazie, Francesco!

Antonella Giordano

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