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| 18° Quadriennale d’arte, Fantastica, Palazzo Esposizioni Roma, 11 ottobre 2025 - 18 gennaio 2026, veduta dell’allestimento della sezione curata da Francesco Bonami. Nella foto, l’opera di Giulia Cenci, courtesy Fondazione La Quadriennale di Roma, Fotografia Agostino Osio - Alto Piano |
L’arte ha regole che, ancora una volta, si possono sovvertire.
Non è detto che le nuove saranno migliori, più giuste.
Stiamo vivendo un nuovo presente
e non capirlo significa rischiare di venirne travolti.
Luca Beatrice (Torino, 4 aprile 1961 – 21 gennaio 2025)
Fantastica, la 18a Quadriennale d’arte - principale esposizione periodica dedicata all’arte italiana contemporanea ─ apre le sue porte al pubblico dall’11 ottobre 2025 al 18 gennaio 2026 al Palazzo Esposizioni Roma. La mostra è promossa da Fondazione La Quadriennale di Roma ─ partecipata da Ministero della Cultura Regione Lazio, Roma Capitale, Camera di Commercio di Roma ─ e dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura ed è organizzata in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo.
Fantastica è curata da Luca Massimo Barbero, Francesco Bonami, Emanuela Mazzonis di Pralafera, Francesco Stocchi, Alessandra Troncone ed espone i lavori di 54 artiste e artisti, viventi, nati tra gli anni Sessanta e la fine degli anni Novanta, di cui 16 under 35 e 45 prime partecipazioni alla Quadriennale, per un totale di 187 opere distribuite su circa 2000 mq espositivi, con una percentuale significativa di produzioni site-specific.
Con un grande progetto espositivo corale, Fantastica racconta l’arte in Italia dei primi venticinque anni del XXI secolo attraverso cinque percorsi d’indagine individuati dalle curatrici e dai curatori.
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| 18° Quadriennale d’arte, Fantastica, Palazzo Esposizioni Roma, 11 ottobre 2025 - 18 gennaio 2026, l’ingresso della mostra nell’allestimento progettato da BRH+/Barbara Brondi & Marco Rainò, courtesy Fondazione La Quadriennale di Roma, Fotografia Agostino Osio - Alto Piano |
I filoni di indagine sviluppati dalle diverse sezioni della mostra si susseguono in un percorso che si dipana in tutti gli ambienti al piano terra di Palazzo Esposizioni.
In “La mia immagine è ciò da cui mi faccio rappresentare: l’autoritratto”, sezione curata da Luca Massimo Barbero, lo spunto tematico è la rappresentazione del sé, ovvero la possibilità di scegliere come raffigurarci o da cosa farci raffigurare. L’interesse non è tanto per il mito di Narciso, quanto per l’Orfeo di Jean Cocteau, dove lo specchio non è più un oggetto fisico che restituisce un’immagine, bensì una soglia tra due mondi comunicanti.
Per Francesco Bonami nella sua “Memoria piena. Una stanza solo per sé”, i concetti di indipendenza e autonomia sono i più connotanti della generazione presa in considerazione. Ciascun artista è legato a una propria identità in connessione con molteplici altre, senza però la necessità di appartenenza a gruppi o tendenze. Una stanza solo per sé, dal saggio di Virginia Woolf, è a un tempo manifesto e soluzione allestitiva della sua sezione.
Con “Il tempo delle immagini. Immagini fuori controllo?”, Emanuela Mazzonis si focalizza sulla fotografia e sull’uso che ne viene fatto nell’arte contemporanea. Il filo conduttore è la consapevolezza che questo mezzo non è più rappresentazione del reale, ma rivelazione. Il valore e il senso del fotografare mutano di continuo verso nuove e ingegnose possibilità di espressione.
Francesco Stocchi, nella sua sezione volutamente senza titolo per esaltare l’atto creativo, dà vita a una prospettiva di autarchia procedurale collettiva, ripristinando la centralità dell’artista, non solo nella creazione dell’opera, ma anche nel processo di progettazione dello spazio espositivo pensato per accogliere e affabulare il pubblico.
“Il corpo incompiuto” di Alessandra Troncone invita infine a un confronto sulle possibili narrazioni contemporanee del corpo umano e non umano, guardando al mito, alla scienza, alle trasformazioni sociali e scegliendo opere che nutrono visioni composite, stratificate.
Un calendario di performance, capaci di trasformare il percorso espositivo in un luogo di continua attivazione e relazione tra corpo, spazio e opera, arricchisce la 18a Quadriennale d’arte, amplificando e rendendo più immersiva l’esperienza della visita.
Elemento unificante della mostra è l’allestimento progettato da BRH+/Barbara Brondi & Marco Rainò: un sistema di dispositivi architettonici definiscono gli spazi, accolgono le opere e orientano i visitatori, con la presenza di velari che sembrano voler mettere in rapporto osmotico, più che separare, le cinque sezioni.
L’identità visiva creata dallo Studio Sonnoli di Leonardo Sonnoli e Irene Bacchi trae ispirazione dall’universo fantastico surrealista, sintetizzato nella grande “F” che fa da logo a questa Quadriennale d’arte.
In controcanto a Fantastica, al primo piano di Palazzo Esposizioni, è presentato un ulteriore progetto espositivo di taglio storico, intitolato I giovani e i maestri: la Quadriennale del 1935, a cura di Walter Guadagnini e realizzato in collaborazione con l’Archivio Biblioteca della Quadriennale. La mostra rende omaggio a quella che è passata alla storia come la più importante rassegna di arte in Italia negli anni Trenta, con un successo che fu all’origine della trasformazione della Quadriennale da manifestazione periodica in ente: la II Quadriennale d’arte del 1935, di cui ricorre quest’anno il novantesimo anniversario.
Anche della mostra storica l’allestimento è firmato BRH+/Marco Rainò & Barbara Brondi e l’identità visiva da Studio Leonardo Sonnoli.
I cataloghi di entrambe le mostre sono pubblicati da Marsilio Arte. Fantastica. 18ª Quadriennale d’arte, comprende, oltre ai saggi dei curatori Luca Massimo Barbero, Francesco Bonami, Emanuela Mazzonis di Pralafera, Francesco Stocchi, Alessandra Troncone, schede descrittive della ricerca e delle opere di ciascun artista partecipante, a cura di Giorgia Achilarre, Giulia Gaibisso, Gianpaolo Cacciottolo. I giovani e i maestri: la Quadriennale del 1935 comprende i contributi del curatore Walter Guadagnini, di Assunta Porciani, responsabile dell’Archivio Biblioteca della Quadriennale, Ernesto Galli della Loggia, Raffaele Bedarida, Sofia Silva e schede descrittive delle opere di Virginia Magnaghi e Chiara Perin.
I PREMI DELLA MOSTRA
Fondazione Roma è Partner culturale della Mostra come mecenate impegnato a promuovere l’attività degli artisti contemporanei. In particolare, Fondazione Roma sostiene il Premio Quadriennale e il Premio Giovane Arte della rassegna.
Il Premio Quadriennale, di euro ventimila e senza barriere anagrafiche, viene assegnato all'artista, partecipante alla 18a Quadriennale d’arte, la cui opera esprime un significato particolare nell’attuale contesto dell'arte contemporanea italiana. I Premi Quadriennale hanno una tradizione che, negli ultimi anni, ha visto tra i vincitori Rossella Biscotti, Adrian Paci, Nicola De Maria, Stefano Arienti.
Il Premio Giovane Arte, di euro diecimila, viene assegnato all’artista under 35 partecipante alla 18a Quadriennale d’arte, la cui opera appare particolarmente stimolante nella apertura di nuove visioni. Nelle edizioni più recenti della Quadriennale, i Premi e le segnalazioni per i giovani artisti sono stati assegnati a Deborah Ligorio (Brindisi, 1972), Adelita Husni-Bey (Milano, 1985), Alek. O (Buenos Aires, 1981), Quayola (Roma, 1982).
I premi saranno decisi da una giuria di esperti, composta da Lorenzo Balbi, Giuliana Benassi, Costantino D’Orazio. I vincitori dei premi saranno comunicati a fine novembre.
IL PROGRAMMA PUBBLICO “FANTALK”
La 18a Quadriennale d’arte, a partire dalla seconda metà di ottobre, sarà accompagnata da un programma pubblico a cura di Nicolas Ballario, che si articolerà in appuntamenti, prevalentemente a Palazzo Esposizioni Roma, sui temi e sulle suggestioni lambiti dalla mostra, con la partecipazione di professionisti provenienti da ambiti disciplinari liminali all’arte contemporanea. Poeti, cantanti, sociologi, filosofi, attori, dialogheranno con curatori, direttori museali a conferma di quel “sapersi vicini”, del rapporto osmotico tra le arti visive e i linguaggi del cinema, del teatro, della moda, del design, della poesia.
PROGETTO SPECIALE “NOI NEL MONDO”
A dicembre uscirà, per i tipi di Marsilio Arte, il volume a cura di Christian Caliandro “Noi nel mondo. Indagine sulla percezione estera dell’arte italiana contemporanea”, prodotto da Fondazione La Quadriennale di Roma con il sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Il volume presenta un ritratto collettivo, una fotografia mossa, del sistema artistico italiano di oggi, attraverso il coinvolgimento di quaranta esperti di arte contemporanea, di cui sono sviluppati i punti di vista e i temi emersi con particolare forza e costanza. Il volume si integra con le interviste agli esperti (che potranno essere ascoltate e viste, in versione integrale, sul sito della Quadriennale) e comprende i dati che ne corroborano impressioni e sfumature.
LA PRODUZIONE DELLA MOSTRA
La realizzazione della 18a Quadriennale d’arte ha potuto fare affidamento su un budget di 2,6 milioni di euro, di cui il 44% proviene da fondi propri dell’Istituzione, il 40% da un contributo ad hoc della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, il 16% dal sostegno di soggetti privati.
Intesa Sanpaolo conferma il suo ruolo di Main Partner della mostra, in coerenza con i programmi di sviluppo culturale del Gruppo, sia come sostenitore di numerose iniziative culturali sia come promotore di un proprio contenitore strategico, il Progetto Cultura che ha come fulcro le attività delle Gallerie d'Italia, le quattro sedi museali della Banca a Milano, Napoli, Torino e Vicenza.
Sponsor ufficiale della mostra è Enel.
Fondazione Roma è Partner culturale della mostra come mecenate impegnato a promuovere l’attività degli artisti contemporanei. In particolare, Fondazione Roma sostiene il Premio Quadriennale e il Premio Giovane Arte della rassegna.
Partner tecnico principale della mostra è Dresswall, ideatore e realizzatore del sistema di velari che collegano le diverse sezioni espositive. Partner tecnico della mostra è ILTI Luce, parte di Nemo Group che ha partecipato al progetto illuminotecnico della mostra.
LE CINQUE SEZIONI ATTRAVERSO LE PAROLE DEI CURATORI
La mia immagine è ciò da cui mi faccio rappresentare: l’autoritratto.
Il cibo, i gatti, la palestra, me stesso, i viaggi e ammennicoli vari
a cura di Luca Massimo Barbero
L’autoritratto è qui un pretesto e un enigma. L’autore si mostra in ciò che fa, ma resta fuori da sé. Tredici artisti, di tre generazioni, disegnano un percorso che si muove tra recto e verso, come nei pannelli bifronti che aprono la mostra, ispirati a un’opera rara e privata di Lucio Fontana. «Io sono un santo», dice il fronte; «Io sono una carogna», il retro.
La prima sala apre il percorso con un confronto diretto tra gesto e identità, frontalità e retroscena, avviando una riflessione sull’opera come spazio in cui l’artista prende posizione o si sottrae. Da qui si snoda una sequenza di lavori, in gran parte inediti, che presentano la pittura di oggi in Italia nelle sue diversità e contrasti attraversando la loquacità del linguaggio pittorico e le sue ambiguità, fino a oltrepassare ─ senza dichiararla ─ la soglia dell’opera da cui l’artista si fa rappresentare. La sala intermedia, ci espone al mistero del concetto e della composizione musicale. Prima della chiusura, un passaggio inatteso apre una “crepa” e prepara a un’ultima visione dove il tempo si sospende e lo sguardo si fa lungo, silenzioso e continuo. Un dialogo sottile tra soggettività talvolta polimorfe, opposte o contraddittorie, che condividono con il pubblico una visione della propria opera che si definisce nel tempo, tra differenze di gesto, materia e pensiero. È un fare artistico che attraversa i territori mobili della rappresentazione e dell’identità. In fondo, in queste sale, non si cerca un riflesso, ma un respiro più quieto, la possibilità di vedere davvero, anche oltre sé stessi.
Gli artisti partecipanti
Paolo Bini, Gianni Caravaggio, Siro Cugusi, Roberto de Pinto, Donato Dozzy, Matteo Fato, Emilio Gola, Luisa Lambri, Luca Marignoni, Roberta Orio, Runo B, Marta Spagnoli, Vedovamazzei.
Memoria piena. Una stanza solo per sé
a cura di Francesco Bonami
Non ho voluto pensare a un tema che unificasse gli artisti da me selezionati se non quello della propria indipendenza e autonomia. Al pubblico il piacere e il compito, non l’obbligo, di trovare connessioni, reali o immaginarie, fra i vari artisti, o magari non trovarne alcuna, confermando l’autonomia o magari l’insularità di ognuno di loro. Ho scelto artisti con cui non ho mai lavorato prima, artisti che non avessero mai partecipato alla Quadriennale, artisti che avessero meno di cinquant’anni, artisti vivi. Non esiste tra loro alcun filo rosso o affinità elettiva apparente, eppure in tutti si fa avanti una necessità di definire proprio quello che Virginia Woolf cercava, una stanza invisibile ma tutta per sé. Un mondo dentro altri innumerevoli mondi. Una storia intrecciata con altre innumerevoli storie. Tutti cercano in qualche modo di disconnettersi dalla realtà perennemente connessa, eternamente informata, costantemente svuotata dell’intimità necessaria a costruire o scomporre la propria identità presente. Ognuno di loro, a modo suo, dice o prova a dire: «qui ci sto Io». Dove ‘Io’ non rappresenta una forma di prevaricazione, ma la sintesi di tutto, al di là di generi, etnie, nazionalità e classi sociali. «Io, come voi, sono Io». Così, riconoscendosi come semplici e autonomi ‘Io’, siamo in grado di rispettare tutti gli ‘Io’ che sono gli altri. Ubuntu! Che in lingua Bantù significa «Io sono perché tu sei».
Gli artisti partecipanti
Friedrich Andreoni, Lupo Borgonovo, Roberto Cattivelli, Giulia Cenci, Cecilia De Nisco, Luca Gioacchino Di Bernardo, Chiara Enzo, Emiliano Furia, Jem Perucchini, Beatrice Scaccia, Lorenzo Vitturi, Shafei Xia.
Il tempo delle immagini. Immagini fuori controllo?
A cura di Emanuela Mazzonis di Pralafera
Come reagisce l’arte di fronte all’inondazione di foto, selfie, meme, screenshot, gif, reel, stories che sommergono la nostra vista? La sezione presenta un focus sul ruolo delle immagini e sull’evoluzione della fotografia in Italia dal 2000 al 2025: undici artisti di generazioni differenti dimostrano la versatilità del mezzo fotografico e indagano quale sia il valore e la responsabilità delle immagini. Fino a che punto possiamo fidarci di ciò che guardiamo? Per quale ragione siamo così dipendenti dalle immagini che oggi sono sempre meno da guardare e sempre più da vivere e condividere come gesto “social”? La mostra propone una pausa da questo flusso incontrollabile: qui le opere più che riprodurre cercano di rivelare. La fotografia si discosta dalla sua liturgia rappresentativa e arriva a dialogare con altri linguaggi, oltrepassando i confini della cornice per svelare il suo significato più vero e nascosto al nostro sguardo. La mostra analizza il potere che la fotografia ancora possiede nel rendere visibile l’invisibile e nel portarci a riflettere su cosa si nasconde dietro le immagini, anziché limitarsi ad osservarle.
Gli artisti partecipanti
Eleonora Agostini, Jacopo Benassi, Andrea Camiolo, Irene Fenara,Linda Fregni Nagler, Teresa Giannico,Massimo Grimaldi,Francesco Jodice,Giovanni Ozzola,Giulia Parlato,Davide Tranchina.
Senza titolo
A cura di Francesco Stocchi
Una mostra senza titolo, dichiaratamente priva della tematica che identifica le esposizioni collettive, in cui lo scopo non è tanto illustrare o elaborare un concetto, quanto configurarsi come atto creativo.
In un momento di riflessione generale sulla forma e sulle responsabilità che le istituzioni culturali sono chiamate ad assumere, invitati a riflettere sull’arte italiana del primo quarto di secolo, emerge l’esigenza di rivedere i paradigmi consolidati negli ultimi decenni, attraverso una mostra dal carattere tautologico, che si costituisce nel suo farsi.
In un panorama culturale privo, da generazioni, di autentiche correnti artistiche – segnato da una parte dalla rigida settorializzazione delle competenze e delle figure professionali, e dall’altra da una diffusa spinta alla contaminazione tra arte e industrie culturali – si avverte la volontà di restituire all’artista maggiore autonomia operativa, immaginandolo come agente unico della pratica espositiva. L’intera mostra prende avvio da un processo condiviso e autogestito con lo scopo di superare ogni intermediazione, coinvolgendo gli artisti in un esercizio inedito: immaginare, sviluppare e seguire ogni fase – dall’allestimento all’illuminazione, dalla comunicazione al linguaggio adottato – in dialogo con le problematiche e le opportunità legate alla gestione concreta dello spazio espositivo.
Radunatisi a varie riprese, gli artisti e il curatore, si sono confrontati in un dibattito aperto ed esteso, partendo dai principi fondamentali di una mostra e misurandosi in una rilettura estensiva dei ruoli predefiniti. Aspetti da tempo considerati assodati e divenuti convenzioni acquisite sono stati messi in discussione, a beneficio di un ampliamento dello sguardo sulle possibilità della creazione contemporanea. Gli artisti non hanno quindi soltanto presentato le loro opere, ma hanno contribuito alla realizzazione di una mostra che è al tempo stesso opera e processo.
Gli artisti partecipanti
Micol Assaël, Luca Bertolo, Adelaide Cioni, Martino Gamper, Valerio Nicolai, Lulù Nuti, Pietro Roccasalva, Arcangelo Sassolino, Alessandro Sciarroni.
Il corpo incompiuto
A cura di Alessandra Troncone
La mostra presenta artiste e artisti che si confrontano con le possibili narrazioni del corpo contemporaneo, in un’accezione estesa che include umano e non umano. Conteso tra una dimensione “incarnata”, materiale e tangibile, e il suo essere “codice”, il corpo si presenta come soggetto in continua trasformazione: il titolo richiama quindi il concetto di incompiutezza come uno stadio di perenne passaggio, piuttosto che di imperfezione, enfatizzando un’idea di apertura e permeabilità che lascia intravedere nuovi modi di relazionarsi con l’altro e con le alterità.
Assumendo come punto di partenza ideale il progressivo avanzamento delle ricerche in ambito genetico negli ultimi decenni, con un’attenzione a fenomeni di mutazione e ibridazione, Il corpo incompiuto si chiede quanto l’eredità biologica definisca effettivamente ciò che siamo, intrecciando miti del passato e visioni futuristiche, e aprendo il campo alla potenza immaginifica dell’arte nel fantasticare su ciò che potremmo diventare attraverso lo sguardo di artiste e artisti alla loro prima partecipazione alla Quadriennale d’arte.
Gli artisti partecipanti
Camilla Alberti, Diego Cibelli, Antonio Della Guardia, Federica Di Pietrantonio, Valentina Furian, Iva Lulashi, Roberto Pugliese, Agnes Questionmark, Emilio Vavarella.
Le performance
Tre saranno le performance di altrettanti artisti che nel corso della 18a Quadriennale d’arte animeranno specifiche sezioni della esposizione.
Nel contesto della mostra curata da Alessandra Troncone, Antonio Della Guardia presenta un’azione performativa che si svolge nello scalone interno destro, in cui il corpo diventa soglia e strumento di narrazione, in un confronto aperto con lo spazio architettonico.
“Il tempo delle immagini” di Emanuela Mazzonis di Pralafera ospita invece l’intervento di Davide Tranchina: una performance intima, di circa venti minuti, che riflette sull’atto del vedere e sull’ambiguità del reale.
Infine, nella sezione curata da Francesco Stocchi, Alessandro Sciarroni propone due performance distinte, ciascuna della durata di circa 20–30 minuti, in cui movimento e ripetizione diventano strumenti di resistenza poetica, aprendo nuove possibilità di relazione tra performer, spettatori e spazio espositivo.
LA MOSTRA I GIOVANI E I MAESTRI. LA QUADRIENNALE DEL 1935
A cura di Walter Guadagnini
A distanza di novant’anni dalla Seconda Quadriennale d’arte nazionale (Palazzo delle Esposizioni, Roma, 5 febbraio - 31 luglio 1935), la Quadriennale di Roma, in occasione della 18a Quadriennale d’arte, ha deciso di renderle omaggio con una rievocazione per exempla. Riconosciuta come l’avvenimento espositivo più incisivo in Italia nel periodo tra le due guerre, la mostra riuscì a offrire un vasto panorama dell’arte italiana, con circa 1800 opere di 700 artisti.
Con la II Quadriennale furono i giovanissimi e i romani a fare la parte del leone con le personali di Mafai e Pirandello, l’affermazione di Cagli, Capogrossi, Cavalli e Ziveri. Grande risonanza sulla stampa nazionale ebbero pittori come Gisberto Ceracchini e Cagnaccio di San Pietro, rappresentanti, agli occhi della critica, di una rinnovata adesione ai valori primitivi dell’arte italiana. Un caso a sé stante, la retrospettiva dedicata a Scipione: quando venne inaugurata la mostra, l’artista era morto, appena ventinovenne, da nemmeno due anni. Il regolamento della Quadriennale non prevedeva omaggi postumi. Per Scipione, Cipriano Efisio Oppo, segretario generale dell’Istituzione e deus ex machina della mostra, decise di fare un’eccezione.
19 furono le mostre personali di quell’edizione e 15 gli artisti invitati con gruppi di opere. Grande consenso ebbero le sale di Severini, una vera e propria antologica con ben 36 opere, e di Marini, che vinsero il primo premio per la pittura e la scultura. Particolarmente avversata dalla critica fu, invece, la mostra di de Chirico, che espose 45 opere degli ultimi due anni. 5 sale vennero dedicate al futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, di cui una esclusivamente dedicata a Enrico Prampolini; di grande rilevanza la sala dedicata agli astrattisti, le cui ricerche questa edizione della Quadriennale documentò con un tempismo esemplare.
Il bilancio della mostra fu eccezionale per numero di visitatori, 350.000, un successo che porterà alla costituzione di un ente autonomo per l’organizzazione delle Quadriennali d’arte.
Il criterio della scansione per mostre personali e gruppi di opere ha guidato la selezione che la Quadriennale di Roma ─ attraverso il curatore Walter Guadagnini, coadiuvato dall’Archivio Biblioteca della Fondazione ─ propone all’attenzione del pubblico: 31 artisti per 37 opere, con una componente preponderante di pittura, ma con un non eludibile rilievo per la scultura attraverso capolavori assoluti.
L’allestimento della mostra, dello studio di progettazione torinese BRH+ di Barbara Brondi e Marco Rainò, e l’immagine coordinata dello studio grafico di Leonardo Sonnoli e Irene Bacchi, sono stati pensati per accogliere il pubblico in una sorta di macchina del tempo, ricreando le atmosfere, i colori, i documenti di quella straordinaria edizione. Ed è proprio la documentazione dell’Archivio Biblioteca della Quadriennale (con apporti anche dell’Archivio centrale dello Stato, dell’Archivio storico Capitolino, dell’Archivio della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e di alcuni archivi privati di artisti) a dare continuità al racconto delle opere in mostra, attraverso l’esposizione ─ se non l’affiancamento ─ dei documenti prodotti dalle commissioni giudicanti, dei servizi fotografici, della rassegna stampa, dei carteggi tra gli artisti e gli organizzatori, in un dialogo puntuale e serratissimo.
Gli artisti in mostra
Luigi Bartolini, Mario Broglio, Corrado Cagli, Cagnaccio di San Pietro, Giuseppe Capogrossi, Emanuele Cavalli, Gisberto Ceracchini, Giovanni Colacicchi, Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, Antonio Donghi, Pericle Fazzini, Leonor Fini, Carlo Levi, Osvaldo Licini, Mario Mafai, Marino Marini, Arturo Martini, Giorgio Morandi, Milena Pavlović Barilli, Fausto Pirandello, Enrico Prampolini, Regina, Giovanni Romagnoli, Scipione, Gino Severini, Mario Sironi, Luigi Trifoglio, Gianfilippo Usellini, Farpi Vignoli, Alberto Ziveri.
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA






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