Si segnala che sabato 27 aprile si è svolta, presso la sala Cinese della Reggia di Portici (Napoli- Campania), la presentazione di SVEVA "oltre l'oltre": una ragazza andata in Paradiso a soli 18 anni, per un male incurabile, l’intero ricavato andrà alla ONLUS Insieme per Fily, associazione che sostiene la ricerca sull’osteosarcoma e che aiuta i bambini del reparto di pediatria oncologica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, in cui Sveva ha ricevuto le cure.
La giovane ragazza per il suo diciottesimo compleanno aveva deciso di non ricevere regali, chiedendo ad amici e parenti di fare una donazione ad Insieme per Fily, gesto meraviglioso che tutt’ora porta avanti la sua famiglia.
E’ stata presente l’attrice Nunzia Schiano che ha declamato una poesia di Sveva e si è mostrata molto sensibile al tema della solidarietà e della ricerca portate avanti dalla ONLUS Insieme per Fily.
Hanno partecipato:
Patrizia Belfiore che ha introdotto la presentazione.
La professoressa Vittoria Caso, che ha testimoniato il suo rapporto con Sveva ed interpretato le poesie di Sveva.
Carmen De Petrillo, zia di Sveva, che ci ha raccontato esperienze vissute con la nipote in cui si coglie la forza e la bontà della giovane.
Imma Allocca e Antonella Pasubio che hanno magistralmente declamato le poesie di Sveva.
Sara Raia che ha portato la sua testimonianza sulla profondità dell’anima di Sveva.
Antonio Finocchio e la moglie Armida, genitori di Fily, venuti da Milano per raccontare la Onlus anche attraverso i video.
Chi era Sveva:
Sveva Tropenscovino nasce a Napoli il 6 giugno 2002, figlia unica, molto desiderata.
Bambina bellissima, solare, dolce, sensibile e altruista, era sempre pronta a giustificare tutti, anche coloro che le facevano un torto. Chiunque la conoscesse, era attratto da lei per il suo garbo, la sua gentilezza, il suo carattere dolce, sensibile e altruista. All’età di quattro anni, inizia a studiare danza classica, la sua prima passione; crescendo ha manifestato attitudini anche per la fotografia, realizzando book fotografici, scegliendo i suoi modelli tra amici o ragazzi che conosceva anche su Instagram. Sì, perché una delle sue peculiarità era anche una spiccata propensione a fare amicizia, accentuata da un senso dello humor notevole.
Studentessa del liceo classico, brillava per la sua vena poetica. Da grande avrebbe voluto fare la scrittrice o la regista. Durante la malattia, a diciassette anni, ha deciso di cambiare scuola, ha affrontato, dunque, anche degli esami integrativi per poter accedere al liceo artistico Boccioni di Napoli, con indirizzo multimediale. "Appassionata di tutto" così la descrivevano i suoi amici.
A sedici anni ha avuto l'incontro più brutto che una ragazza possa avere. Si è imbattuta in un "MOSTRO" terribile, che ha combattuto con tutte le sue forze, il glioma midollare, un tumore che poco alla volta le ha tolto tutto, fino a strapparle l'ultimo respiro.
Operata al Santo Bono di Napoli, curata prima a Milano e poi a Colonia, ha vissuto la sua malattia con il coraggio di una leonessa senza mai lamentarsi.
L'ha affrontata, anzi, con tutte le armi in suo possesso: la scrittura, la fotografia e il cinema.
Si svegliava spesso di notte e dopo aver visto un film, scriveva la recensione e la pubblicava su Instagram.
Quel mostro, però, non si è accontentato di paralizzarla, infatti, una mattina ha deciso anche di comprometterle la vista. Le è sopraggiunta una grave forma di diplopia e scherzosamente diceva:"Vedo due mamme e due zie.... Non ne bastava una”? Ecco un'altra sua caratteristica, “scherzava” con la sua infermità. La grandiosità, la sua forza e il suo coraggio erano tali da definirsi “sovrumani”, in quanto, pur vedendo il suo corpo trasformarsi e paralizzarsi repentinamente, non si è mai disperata, anzi accettava con serenità e coraggio la sua nuova condizione, sentimenti che infondeva anche in coloro che le erano accanto.
Questo non significa che non avesse momenti di scoraggiamento ma si riprendeva subito!
Spesso recitava il Rosario, dal quale traeva conforto. Negli ultimi tempi era affascinata dalla figura del Beato Carlo Acutis. Sabato 24 Ottobre 2021, espresse il desiderio di andare ad Assisi per recarsi sulla tomba di Carlo e portargli un ritratto da lei stessa realizzato. Così, nonostante avesse delle piaghe in varie parti del corpo, che le procuravano dolore, si mise in viaggio con la mamma, la zia e lo zio. Giunti ad Assisi in serata, dopo aver cenato, mentre
Sveva veniva adagiata sul letto, gli zii notarono qualcosa di diverso nei suoi occhi. L'indomani mattina Sveva andò in coma. Rientrarono, pertanto, a Napoli, dopo essersi fermati per un inutile tentativo di rianimazione all'ospedale di Perugia. Giunta a casa, dopo circa 24 ore di coma salì in Paradiso. La sua famiglia, è fermamente convinta che quella sera del 24 ottobre, nella stanza d'albergo numero 54, (il significato del numero 54 è comunicare con gli angeli) Sveva si è incontrata con Carlo che le ha teso la mano e l'ha accompagnata nella gloria del Signore.
Sveva ci ha lasciato una testimonianza di gioia e di valori che potrebbero essere monito per quanti, soprattutto giovani, lasciano scorrere la vita senza capirne il senso, lasciandosi abbagliare dall’inconsistenza delle cose vane.
L’ esperienza di Sveva ha portato alla luce ciò che sarebbe rimasto nelle pieghe della consuetudine e le sue poesie ne sono la testimonianza.
Sin da piccola Sveva ha condotto la sua vita, facendone un’opera d’arte. A noi adulti a volte non basta un’intera esistenza per capire il vero e profondo significato della vita, lei lo ha fatto in solo diciotto anni di permanenza su questa Terra. Abbiamo difficoltà a relazionarci con autenticità, nel suo significato più profondo, inteso come libertà di espressione del nostro io. Lei aveva relazioni d’amore mature, prive di qualunque scoria di contaminazione negativa. I concetti di amore e perdono erano la base del suo credo. Guardava il prossimo da una prospettiva tesa a valorizzare le persone, non a criticarle, per Sveva in ogni essere umano c’era del buono. Era autentica, vera, questo sicuramente il segreto per cui attirava a sé le persone, così come il miele le api.
Perdono, una semplice parola, ma che pochi conoscono. Sveva guardava oltre, non si fermava a fissare il muretto dell’apparenza, lei osservava senza giudizio, lei amava senza dare colpe. Sembrano concetti semplici, ma non lo sono affatto. La storia ci insegna che le guerre, anche quelle che combattiamo contro noi stessi o nelle società, sono nate proprio perché questa piccola parolina è sconosciuta. Amore e perdono: questa era Sveva.
Era incontaminata, pura. Pur amandola, aveva ben inteso che la vita è un soffio. Conosceva l’arte di vivere nella pace e nell’amore. Era in armonia con la natura, amava gli animali ed aveva rispetto per l’ambiente. Le sue passioni, la danza, la pittura, la fotografia, il cinema, erano vissute con un’intensità ed una semplicità tali da comunicare la sua bella anima. Era sempre dalla parte dei deboli, degli oppressi. Colpita da una malattia che l’ha privata della libertà di vivere in autonomia, non ha mai detto”Perché a me?” Anzi si preoccupava per gli altri quando soffrivano. Queste caratteristiche erano aspetti peculiari di Sveva, ancor prima che sopraggiungesse la malattia. Ciò lo testimonia un ammalato, conosciuto da Sveva durante una visita al papà in ospedale. Egli racconta che Sveva lo guardava e sembrava che si stesse prendendo la sua sofferenza, infatti poco dopo, Sveva gli fece capitare una lettera le cui parole sono state definite balsamo per il suo cuore.
Sveva … che sia l’esempio concreto per tutti!
Alcune poesie di Sveva:
Il mio ti amo va
Il mio ti amo va
oltre ogni gettone di presenza,
oltre limite di tempo,
oltre la mia essenza.
Non conosce paura, risentimento.
Va oltre ogni spazio-tempo.
Va oltre l’oltre.
Non ha paura della vita, della morte.
Fateci caso
Fateci caso quando siete felici.
Quando il cuore in gola è più forte
dei pensieri assordanti in testa.
Quando la paura ci abbandona.
Quando la serenità ci invade.
Quando siamo sicuri di star bene.
Quando siamo circondati d’amore.
Quando, proprio come adesso,
alle 03:14 di notte scrivo queste
parole, più sentite che mai.
Quando la paura ci saluta,
incidiamolo nei nostri pensieri.
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA
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